11 dicembre 2006

voglio che tu sia speciale.
scrivo

scrivo dopo tanto scrivo.

voglio che tu sia diverso
voglio che tu abbia qualcosa in più e poi non mi piace la media nazionale.

un sacco di cose
un sacco di parole in corsa
emozioni.

esserini riciclati
colla tra le dita
foglie e nocciole
ghiande e frutti tropicali.

gufocivetta.

io ti posso aiutare, io ti voglio aiutare.
siamo sulla stessa barca,
tu vedi quello che non c'è
io disegno quello che c'è.
io costruisco case di legno per omini in plastica,
tu cammini per strada e raccogli tutto
perchè da ogni cosa può nascerne un'altra.

un essere speciale
un essere speciale
un essere speciale.

sei un essere speciale

02 novembre 2006

dai blocchi

tre dita toccano terra...e..pronti? VIA!

E' stato un attimo accorgermi che tre delle sue dita toccavano terra, che era pronto a spiccare il volo...e invece ha iniziato a correre. Qualcuno gliel'ha fatto vedere, da qualcuno l'avrà imparato. E' sempre una sorpresa, una scoperta.
Parte dai blocchi con quella cassa toracica che sembra un piccolo bolier, non smetterebbe mai di correre il mio ragazzo di Calabria...e invece è un bimbo di Modena.

corri
corri
giulietto!

10 ottobre 2006

investito mentre in bici cercavi di attraversare la strada. schiacciato da un tir e orrendamente maciullato al suolo.
tu che mi parlavi di piccioni viaggiatori, tu ex calciatore, tu 83 anni con la passione per il gioco delle bocce.
tu e le tue scarpine forate.

09 ottobre 2006

08/10/2006

cala il sole e io corro in bici in mezzo ad una strada di campagna. la stradina è stretta...stradina infatti. il sole è ormai a letto e si vede pochissimo, conosco a memoria la strada, so a memoria dove fermarmi se per caso mi capitasse di incrociare una macchina...e infatti, detto fatto, mi fermo e aspetto. riparto e affronto l'ultimo tratto sapendo di non aver più piazzole per un km. passo la casa diroccata adesso in fase di ristrutturazione, passo la casa con la cappella privata dove un giorno di cinque anni fa trovai un pastore tedesco morto nel fosso di fronte, salto il passaggio a livello, passo il campo di girasoli, per ultima mi rimane quella casa che mille volte mi sono fermato a guardare. non ho mai capito se fosse o no abitata, ogni volta che mi fermavo e stavo per entrare venivo sempre smentito, trovavo le maniglie delle porte lucide e quello era un segno...qualcuno ci abitava nonostante il degrado di tutto il resto. le ciotole dei gatti con resti di mangiare, talvolta qualche straccio steso ma mai, mai, mai segno di vita, sempre chiuse le finestre, dalle tende nessuna luce è mai filtrata.

Proprio ieri sera nel buoi che mi circondava, da quella casa usciva una luce, finestre tutte spalancate, tre persone che entravano e uscivano e da una finestra ho visto quello che mi avrebbe fatto pensare più di tutto il contorno.

ho visto un letto di ferro, quei letti da ospedale che conosco bene...quelli che ti danno a casa quando hai un anziano che non può più muoversi e non puoi permetterti un ospizio, una casa di cura, oppure quei letti che ti accompagnano alla morte tra le tue mura per evitare di morire in un letto d'ospedale...muori in un letto d'ospedale ma tra le tue mura insomma. vedo un braccio attaccato alla spalliera del letto, il braccio tenuto come lo teneva mio nonno, con il gomito sotto la testa e la mano attaccata alla spalliera, una posizione strana, la stessa che aveva mio padre quando era all'ospedale. E' una posizione che mi sa di sofferenza. Passo con la mia bici, non mi fermo ma mi sembra di capire. le persone che vanno avanti e indietro sono abbastanza indaffarate, preoccupate.

ad un tratto quello casa ha preso vita, vita al contrario, si sono accese le luci su un letto d'ospedale...strano. io in quell'istante ho pensato a mio nonno che da un anno esatto se n'è andato, ho pensato a mio padre che non vedo mai. Su quel letto ho visto mio padre e ho sentito dentro una gran tristezza. sento di aver perso del tempo con lui, sento di perderne ancora adesso che sto qui a scrivere invece che correre da lui e starmene un po' in sua compagnia.

05 settembre 2006

qua si parla di aria fritta...questo mi ripeteva sempre il mio professore di matematica dandomi una botta in testa.

qua si vive veramente mi ripeto ogni giorno da un po di tempo, altro che aria fritta, qua si diventa grandi, si cresce e i bambini sono sempre più bambini, l'erba cresce alla solità velocità, di più in primavera e in autunno, meno in estate e in inverno, la natura è questa, la mia natura qual'è?, cosa devo ascoltare? l'albero che germoglia o la pianta di pomodori che si secca a settembre, il canarino che depone le uova a partire dal 18 febbraio o il diamanante mandarino che depone le uova tutto l'anno, la zanzara tigre che punge le mie caviglie ogni volta che mi avvicino all'orto o la lumaca che appena mi vede sparisce nel suo guscio?.

ho come l'impressione di avere iniziato a vivere da un anno a questa parte, vivere, soffrire, gioire davvero, assoporare la solitudine, assaggiare il salato delle mie lacrime, ridere delle mie parole dette allo specchio, svegliarmi e trascinarmi in bagno pensando di dover stendere, pensando di dover stirare. Qua si vive, le piante mi crescono dentro, mio figlio mi cresce per 1/4 in braccio per l'altro quarto in cortile, per l'altro quarto in un'altra casa e per l'ultimo quarto cresce e basta...per i fatti suoi come è giusto che sia, cresce tra i suoi giochi, nelle sue costruzioni, nei suoi scarabocchi indecifrabili, nei suoi discorsi, nelle sue pretese.

qua si vive davvero e tutto lascia un segno, una cicatrice.
mia madre compie 58 anni con la sua cicatrice nel cuore,
mio fratello compie 23 anni con i calli nei polpastrelli
a forza di cercare le note sulle corde della chitarra,
mio padre ne compie 60 con la sua brandina in officina...

tutte vergini...un unico leone.

21 agosto 2006

TERAPIA

basta sapersi aiutare,
sapersi ascoltare,
sapersi far da mangiare,
sopravvivere a se stessi è l'ostacolo più grande da oltrepassare
...quasi come trafiggersi con un lama il petto
e guardarsi sanguinare allo specchio.

Porto a spasso il mio corpo,
lo faccio dipingere,
gli faccio piantare chiodi,
gli faccio fare buchi con il trapano,
il pennello non trattiene più il colore
che mi cola sulle mani,
sui vestiti, sui piedi.

ho finito le parole,
corro al buio anche se stremato,
cerco il limite,
il limite delle forze e corro più forte,
più forte ancora sempre di più
fino a che le gambe non iniziano a tremare
e mi sdraio ascoltando il cuore in gola.
non desidero mangiare
come mi capita nei momenti in cui mi sento bene...
corro senza pensare...corro e basta.
mi basta arrivare al limite
farmi una doccia
sedermi e aspettare che gli occhi si chiudano
stanchi di piangere

16 agosto 2006

TERAPIA

fino all'ultima goccia di sangue.
fino a che le forze non mi mancano sposto mobili, pulisco pavimenti, riempio scatoloni di libri, vado in collina a cercare mobili vecchi, mobili usati, con cinque euro mi faccio una libreria, mangio tardi e anche quando sono stremato gli occhi non mi si chiudono. mi alzo nel mezzo della notte e schiaccio le zanzare...ieri ho contato anche 48 mosche. passa il tempo, tra una pennellata e l'altra passa il tempo e io sono di 10 giorni più vecchio e ho 2 stanze colorate di nuovo. sta finendo tra le lacrime questo maledetto Agosto. finirà. poi qualcos'altro inizierà. sembra non finire mai questo percorso ad ostacoli, ogni giorno un ostacolo nuovo da oltrepassare. raccatto roba per riempire casa, butto roba per cancellare i ricordi. butto, butto scatoloni di roba. riempio i bidoni e mi sento più leggero.

solo se mi fermo piango,
e allora continuo imperterrito,
frenetico, mi muovo,
spazzo in continuazione,
lavo i piatti pur avendo la lavastoviglie,
pulisco i vetri mentre piove...

faccio il letto mentre dormo.

11 agosto 2006

TERAPIA

10 agosto 2006...che cos’ho in più , che cos’ho in meno.
in più un figlio meraviglioso di due anni e otto mesi, in più un matrimonio iniziato e dopo cinque anni finito. ho vissuto tutto questo, il rammarico di non averci provato non ce l’ho, il rammarico di non aver mai spento il cuore non ce l’ho e non l’avrò mai. mi sono sempre spinto al limite del mio sentire ma non per egoismo ma per il rispetto che ho per me stesso, questo ha fatto passare il tutto per puro egoismo, sembra che io non abbia pensato a ciò che mi ruotava attorno...un figlio, una casa, una moglie, un lavoro, una vita insieme, un futuro...tutto. sembra che un uomo possa rovinare tutto per puro egoismo, tutto a tal punto da convincersi di averlo fatto per il rispetto che ha per se stesso e di conseguenza per gli altri. sembra questo. sembra facile ammettere di essersi innamorati di un’altra persona che non sia la propria moglie, sembra semplice il solo pensarlo, semplice il solo dirlo all’altra persona. sembra tutto semplice e invece no, non lo è...per questo si varca la soglia e si vive, si sopravvive anche a se stessi, in certe situazioni si mente a se stessi e quelli sono i momenti peggiori...gli attimi in cui ci si rende conto di essere più cose allo stesso tempo, ci si rende conto di avere più ostacoli da superare di quanti non si potesse immaginare, ci si rende conto di essere vulnerabili, fragili, bisognosi di attenzioni, in bilico con una valigia di perchè senza risposte. grandi quando grande non si vede neppure il proprio padre, grandi in un mondo di piccoli o piccoli in un mondo di grandi. subentra l’istinto di sopravvivenza che nel mio caso mi porta a scrivere ovunque comunque, su fogli, foglie, tavoli e tovaglioli. la terapia avrà il suo effetto quando le palpebre non avranno più la forza di stare aperte, quando si finirà l’inchiostro, quando il cuore smetterà di battere a singhiozzo. E’ uno stato d’ansia, una paura di fondo quella che mi fa sbagliare le uscite in autostrada, qualla che mi fa dubitare sul mio istinto di sopravvivenza. 10 agosto e faccio il conto delle mancanze, dei vuoti cronici e ai soliti si è aggiunto il vuoto che mi lascia mio figlio ogni volta devo separarmi da lui, il vuoto di una realtà che lascia poco spazio all’immaginazione, pochi spazi, poche virgole e tanto silenzio...tanta solitudine, tanti film guardati al cinema in compagnia del mio zaino, tanti km in macchina passati in compagnia del mio seggiolino.

sono andato oltre, oggi mi sono spinto oltre, ho girato sotto la luna a fari spenti in campagna, ho spento per l’ennesima volta il cuore e ho annusato il mio odore, quello che ho nel dorso del polso...tra i peli delle braccia. Oggi ho cercato l’ennesimo appiglio. non devo pensare al male che mi trafigge, non devo pensare al male, non devo pensare al natale passato da solo, all’ultimo dell’anno passato sul divano da solo. non devo pensare che il mio bimbo voglia vedermi. devo pensare che il mio bimbo cresce forte anche in mia assenza, devo pensare che neanche il miglior padre può esserci sempre, devo pensare che c’è chi lavora lontano da casa e torna solo il fine settimana, non devo pensare alla fatica di crescere un bimo da solo, niente, non devo pensare. devo vivere e lasciarmi vivere, devo camminare e guardare, devo parlare, devo scrivere, anche banalità ma devo scrivere, parlare, fare, costruire. tutto deve cominciare a scivolare.

sto andando oltre, oltre all’egoismo, oltre la rabbia, oltre l’istinto che mi porterebbe a menare le mani in modo sconsiderato, vado oltre, mi allontano, urlo la mia rabbia, la mia delusione, la mia paura e aspetto che passi, aspetto che si cicatrizzi il buco allo stomaco...poi tornerò a vivere.

le braci dell’inferno mi hanno bruciato l’anima.
voi che state nuotando in alto mare,
che avete le pelli nere bruciate dal sole....

tenetemi un posto
prima o poi arriverò anche io.

09 agosto 2006

TERAPIA

la cronaca scontata di una fine annunciata. forse nascerà un nuovo fiore. concimo il terreno, lo bagno, magari nasce qualcosa di buono. dovrei essere più cinico mi ripeto, dovrei calcolare più cose, salutare di meno, essere meno disponibile, meno cortese, meno gentile, meno ossequioso, meno speranzoso. dovrei mettere parecchi punti alla mia vita, poi mi accorgo di mettere fin troppi punti ma poche maiuscole e allora niente ha più senso, nemmeno il punto. Ieri ho guardato la mia rubrica telefonica e uno ad uno ho chiamato tutti, tranne i parenti che sono andato a salutare l'altro giorno dopo 9 mesi, era dal funerale di mio nonno che non mi facevo vedere. ho chiamato tutti...quasi tutti...una ventina di persone, forse trenta...ho chiamato tutti tranne te.

ieri notte la luna era piena e seduto sul bordo in mattoni del castello guardavo, pensavo, ti pensavo come un pirla immobile con i piedi a penzoloni. che fine sarà? che inizio sarà?. dove cazzo sto andando a finire? almeno non piango mi dico. patetico e pirla bevo il secondo coca e havana con la cannuccia. ho troppi dubbi, troppe paure, non so se pensarti, cancellarti mi viene difficile, ci provo....ma mi viene difficile, non ho un mare in cui bagnare il mio corpo, ho una scrivania su cui pigiare questi bottoni, una casa da tornare a riempire, un bimbo da crescere e amare. ma io? io? io?

per me cosa rimane? una casa? dei mattoni? un letto? un tappeto? mi viene da dire, chi se ne frega, poi ci penso e dico che una casa part-time è sempre meglio di una non casa. una casa mezza vuota è meglio di una non casa, un letto matrimoniale mezzo vuoto è meglio di un non letto.

Ieri sera ho corso al campo da calcio, le gambe faticavano ad alzarsi, ridevo mentre correvo, mi facevo schifo talmente ero ridotto male, mi trascinavo senza voglia, senza forza. alla prima goccia di sudore mi sono gettato a terra, braccia aperte a guardare il cielo pieno di nuvole in corsa.

la casa part-time dei miei genitori ieri non aveva l'acqua calda, la sfiga vuole che proprio ieri che dovevo fare la doccia dai miei l'acqua era gelata. ho provato a telefonare all'altra mia casa part-time ma nessuno ha raccolto il mio SOS, così mi sono congelato ma almeno mi son lavato, non faccio che ripetermi che...è meglio una doccia anche ghiacciata che una non doccia.

mangio nel totale silenzio accanto a mio padre che appena comincia a parlare riesce solo a dirmi, ciao. stasera nessuno esce con me, ho raccolto trenta..."grazie ma stasera non posso"....così vado da solo, io e il mio seggiolino, andiamo a farci due risate. mentre guido guardo le mie mani sul volante e penso a te, penso a te ogni mattina, ogni pomeriggio, ogni sera, ogni notte prima di chiudere gli occhi.

non so se ne vale la pena, non so se meriti un mio pensiero, non so più niente, non so dove sei, cosa fai, con chi sei, se mi pensi, come mi pensi, a cosa pensi. rimango per l'ennesima volta nel silenzio più assoluto in cui le lettere compongono parole senza senso. castelli di parole, pensieri senza fondamenta.

mi fai vivere così. vivo così. fino a che non vedrò con i miei occhi non sarò in grado di spegnermi.
dovrò spegnermi io, come ho sempre fatto. tu non hai il coraggio di farlo, non hai il coraggio di guardarmi se non lo faccio io, non hai avuto il coraggio di cercarmi, non hai avuto il coraggio di fare niente. sei riuscita solo a scappare...questo non so se lo dimenticherò, questo è il male più grande.

da due settimane è iniziata la terapia

02 agosto 2006

deliri di onnipotenza.

nessuna parola, nessuno sguardo, niente.
il solito silenzio,
il solito maledetto silenzio.

ti ricorderò per quello.
codarda
e silenziosa,
senza parole da dire in faccia.
senza coraggio.

rimani con il tuo istinto di sopravvivenza
che se ti stanchi puoi sempre chiamare
voglia di cambiare
voglia di provare nuove esperienze
voglia di sentirti sempre e comunque al centro di tutto e di tutti.

sono disgustato
di tutto e di tutti.

mi hai lasciato un bel regalo

01 agosto 2006

1000 km

un cumulo di parole. lacrime alla deriva si mescolano alla sabbia...alla rabbia. sono colpito su più fronti, barcollo. nel buio gli occhi non fanno che sforzarsi di vedere ma è meglio chiuderli. aspetto il giorno, la luce e le parole dolci, piedi da intrecciare, mani da sfiorare. aspetto ma non ho più tempo, a volte mi manca anche la forza e talvolta anche la voglia di capire, non riesco più a capire. devo pensare a me e a questo cumulo di parole alla deriva. se ne vanno e io non faccio altro che cancellare, vado indietro e cancello, vado avanti ad occhi chiusi. non ho pensieri da dedicare a nessuno. non ci riesco più.
lavo i piatti e piango, penso a quelle parole, parole di un piccolo uomo, parole di una piccola donna e non faccio che piangere ogni volta che lavo i piatti. basta non ne posso più, è come tagliare la cipolla. non ne posso più, piango con un groppo in gola. scarico il mio piccolo, vedo la sua testolina sparire e non mi rimane altro che spegnere il cervello, spappolarmi per l'ennesima volta il cuore. la domenica sembra non finire mai. per fortuna che trovo un distributore aperto, faccio il pieno di metano.

ho gli occhi gonfi, il serbatoio di lacrime è in riserva. vaffanculo, l'ennesimo vaffanculo.

gli orari sono: dal lun a sab dalle ore 8:30/13:00 poi dalle 14:30 alle 20:30
la domenica dalle 15:30 alle 20:30

14 luglio 2006

15 anni

i capelli davanti agli occhi, ricci, lunghi. costume rosso e pelle bianca. mangia un ghiacciolo seduto sul suo asciugamano. si guarda attorno. poco più in la sul loro asciugamano si baciano, lingue ad intrecciarsi, lentamente poi più forte, comanda lei la danza, lui equilibrista contro ogni forza di gravità bacia in una posizione assurda. i muscoli delle braccia lo sorreggono, è mingherlino e raccoglie tutte le sue forze per resistere e gustarsi quella lingua che lo sta soffocando. la biondina guarda il ricciolino dal costume rosso, credo sia la sua ragazza, gli ronza attorno, lui è perso nel nulla, mangia il suo ghiacciolo e chissà a cosa pensa. Il cordone ombelicale credo si stacchi mentalmente sui 15 anni, quando si nascondono gli sguardi, quando tutto si è pur di non esser come mamma e papà, quando si è quel che si vorrebbe essere, quando lo sguardo sta dietro i capelli, nascosto, quando in piscina con gli amici ci si cuoce al sole e non ci sono più le merendine della mamma nello zaino ma una birra presa al bar e un pacchetto di patatine mangiato con tanto di rutto finale. una bestemmia e via in acqua.

chissà se si staccherà mai il cordone ombelicale, chissà se sarà la morte a tagliare quel cordone. Giulio mangia la sua pesca, io sdraiato in terra guardo i ragazzini scherzare tra loro, giulio mi dice "papà non ne voglio più" e mi dico...chissà se tra 13 anni quando anche giulio andrà in piscina con i suoi amici e avrà finito il suo ghiacciolo penserà un attimo a me che oggi sono qui con lui a raccogliergli il nocciolino. chissà se in un angolo del suo cervello rimarrà quest'immagine, come quella che proprio oggi mi girava in mente.

Mio padre che da piccolo mi portava in piscina la domenica mattina con i suoi amici, ricordo Eugenio il bassista, Luciano il chitarrista, ricordo Roberto il ricciolo chitarrista.

parecchie cose si sono fermate ad allora,
dai tuffi dai blocchi ai tuffi sul letto.
i miei ricordi finiscono li.

gli unici
belli

11 luglio 2006

mi esplode tra le mani la rabbia.

sangue
lividi
brividi
e denti a mordere.

vorrei strapparmi a morsi il cuore.

scrissi un giorno di una lumaca che lenta lasciava la sua scia sul mio corpo, scrissi di un lento modificarsi delle traiettorie..in 11 minuti raggiungevo il parco e dalla collina scrivevo di cani persi, di guinzagli che stringono fino a strozzare, di girini che diventano rane, di pescatori senza canna. L'inverno mi ha regalato di nuovo quella collina, ma ero solo all'inizio della salita...sempre quella collina, sempre quella.

mi esplode tra le mani l'estate. silenziosa estate fatta di cicale e lucciole, di asfalti ancora bollenti e fili d'aria che mi avvolgono solo dalle due in poi. sto nell'erba fresca a respirare, cerco riparo nelle mie parole, nei miei disegni, nei miei fogli bianchi e non scrivo di niente e di nessuno. non c'è nessuno da attraversare, nessuno in cui entrare, si sono chiuse le porte, troppe porte in faccia.

come un passeggero sto alla finestra e aspetto che il treno finisca la sua corsa, guardo i talloni della gente, le piante dei piedi, guardo le schiene nude, guardo le unghie delle mani alla cassa quando prendo il resto del giornale, e la nuca, vorrei annusare la nuca di tutti per sentire dov'è finito l'odore di quand'eravamo bambini. dov'è andato, dove si è perso.

io non lo so.
io non so più niente.
ho perso la speranza
ho perso l fiducia
ho perso le chiavi

10 luglio 2006

trattasi di cambiare abito, cambiare il riflesso nello specchio, cambiare e accorgersi di essere cambiati quando non ci si ritrova nelle descrizioni degli altri. attimi di silenzio, pause e le uniche parole che escono sono...che belli che sono i tuoi occhi. solo quello. tra mille pause e mille esitazioni ti ritrovi a respirare solo quando scrivi...sempre e solo così...maledetta paralisi facciale. Ho pestato ghiaccio una notte intera mentre oltre al bancone tutti ballavano, io e due marocchini che per un sacco di ghiaccio volevano in cambio due bicchieri di coca cola. Subito...eccovi serviti. spaccavo ghiaccio, volevo sentirmi altrove stando in quel posto così quello mi sembrava l'unico modo per estraniarmi dal tutto. ho pestato, ad un certo punto mettevo i cubetti dentro tovaglioli di stoffa rosa e li sbattevo come si sbatte il polipo sullo scoglio. Solo verso le tre di notte ho saltato il bancone...a festa terminata, quando rimanevano solo i cadaveri, gli sguardi sfiniti, i sorrisi compiaciuti. E' li che ho incrociato quello sguardo che mille altre volte ho incrociato e mai mi ero attentato a sfidare...in realtà nemmeno venerdì sono riuscito a sfidare. Solo un patetico e banalissimo "che belli che sono i tuoi occhi" solo quello, era tutto quello che riuscivo a dire nella mia paralisi totale. avrei voluto dire mille altre cose ma non mi usciva nient'altro, avrei voluto raccontare la mia vita, sapere della sua e invece per la prima volta in vita mia mi sono paralizzato, ho tenuto tutto in bocca il mio apparecchio di parole. li bloccato.

nient'altro, solo parole e un buco nello stomaco che mi crea voragini nel cervello. sono scollegato. vedo e non riesco a far nient'altro che guardare. sguardi persi e catturati. sorrisi che mi arrivavano sfocati, battute che inibiscono i miei movimenti. sono imbarazzante, paralizzato, immobile nel mio sguardo, specchio di un anima di ferro piantata tra i denti

07 luglio 2006

avrei voluto vederla con te.
eri l'unica persona con cui avrei voluto vederla.

ricordo ancora quella sera dell'82
da solo sul divano a saltare.
mi sei mancato.

06 luglio 2006

IL PRESENTATORE

prova a leggere Marco, dai prova. tocca a te.
Sul palco i bimbi ballano, festeggiano la fine del loro contro estivo.
Marco deve leggere ma si blocca,
non gli esce il fiato,
le parole si bloccano sempre a metà,
balbetta lui che non balbetta mai,
ci riprova,
riparte da capo
e si inceppa di nuovo.

Marco ha dieci anni,
in quelle gambette da piccolo calciatore,
maglietta fuori dalle braghe,
scarpe da ginnastica
capello spettinato,
carino.
Marco piace alle bimbe perchè è sveglio
perchè corre veloce
perchè canta in ultima fila
perchè dietro le quinte è sempre il migliore
ma oggi sul palco è solo e tutti aspettano le sue parole,
dai Marco tocca a te,
una pacca sul fianco del suo migliore amico,
Marco riparte, non molla, dondola ma si inceppa sempre,
è panico.
Si sparge la voce, guarda Marco che non riesce a leggere,
guarda marco che è rosso in faccia dalla vergogna,
MArco, si proprio marco..
e chi l'avrebbe mai detto,
sembra balbuzziente.
ridono
ridono i suoi amici
che lo spingono alle spalle,
fino a che Marco non si rompe le balle
e sul palco li mena tutti ad uno ad uno
e legge tutto d'uno fiato andandosene con il microfono in mano.

05 luglio 2006

occhi lucidi all'uscita dall'androne.
cerco un libro ma trovo capelli di zingara.
mi tocchi le mani mi sorridi e mi dici che suonando il clacson posso aprire mille strade.
Ho suonato il clacson tutta notte.. suonavo per festeggiare la mia sconfitta, suonavo per aprirmi nuove strade,
suonavo per non sentirmi urlare...più forte...più forte...più forte, sempre di più.

all'incrocio una macchina di tunisini urlava "forza Italia".

ho sentito quasi fossi un meteorite staccarsi un pezzo di cuore e all'impatto mi sono disintegrato.
così,
scrivo così senza virgole il concetto
che tutto d'un fiato
da l'idea del vuoto che lascia.

mi sono disintegrato.

03 luglio 2006

mi sono ritrovato a fischiare pedalando, per un attimo ho rivisto mio nonno, ho risentito il fischio all'orecchio di mio nonno. mio nonno che per sfuggire alla guerra si è nascosto per mesi nei fienili nei canali nei fossi, mio nonno che non ha mai smesso di ridere neanche quando a novembre mi ha lasciato, se n'è andato tenendomi le mani, mani calde, bollenti. faccio le rotatorie e giro in tondo, mi piace girare in tondo, sporgermi tipo motociclista in curva e girare. mi piace il vento in faccia, mi piace la mia ombra, l'odore del grano tagliato pedalo e conto i soldi che ho nella sacca della bici. spiccioli, la mia bici è un salvadanaio e ieri mi ha salvato. Le ore erano le undici e trenta. vagavo per rotatorie in cerca di discese per lasciarmi andare, quando la fame mi ha fatto contare i soldi...ho spaccato il mio savadanaio e la somma faceva 10 euro e 10cent. perfetti per mangiare un piatto di lasagne.
luce, sole, cavallette, grilli e dossi da superare, curve per lasciarsi andare...pedalo...pedalo senza pensare, sogno quelle sedie in legno della festà dell'unità, so che la domenica a pranzo la festa dell'unità è la vera festa dell'unità, la domenica a pranzo ci sono gli irriducibili, potrei trovarci il nonno a servire, potrei trovarci l'idraulico con la famiglia in ferie, potrei trovarci il nipotino servire ai tavoli con tanto di grembiule e cappellino bianco da cuoco in testa. potrei trovarci mia nonna che se n'è andata due anni fa, potrei ritrovare tutti li...e allora vado, pedalo pedalo pedalo e arrivo.
Sono le 12,05 quando arrivo sono uno dei primi ma non il primo bens' il decimo, c'è già fila alla cassa. Coperto 1.30, lasagne 5.30, insalata 1.80 e una bottiglia d'acqua 1.50..totale 9.90, perfetto! In attesa di pagare al mio naso arrivano odori di lacca, dopo barba msto naftalina, la domenica a pranzo l'età madia è 68 anni. Nuore suoceri cognati nipoti borotalco e vestiti a fiori, ventagli, occhiali scuri, e sandali, ciabatte e magliette con scritte assurde, giovani siamo noi, giovane sono io, giovani chi? qui si mangia, qui si beve lambrusco e si ride ai tavoli, si canta "avanti popolo alla riscossa, bandiera rossa" altro che balle, altro che pensare a mia moglie che non c'è più, qui si serve la vita anche a 70 anni.

Sono solo e così mi accoppiano al tavolo di un'altro solitario. Distinto, ben pettinato, occhiali da sole, mani curate, senza fede, camicia a scacchi, mangia tortellini in brodo e ad ogni cucchiaio il riscucchio mi ricorda mio nonno. Senza pensarci mi accorgo di avergli mangiato il pane ma ormai è tardi, lo guardo, mi guarda, mi scuso, mi dice che non fa niente tanto ne portano altro...e infatti. Si parla, mi dice che lui viene spesso per mangiare il coniglio, io dico che vengo spesso per mangiare le lasagne, si parla, mi dice che abita a 11km di distanza e viene in motorino facendo le strade di campagna perchè ha paura delle automobili, io dico che abito a 20km di di distanza e vengo in bici. mangiamo e parliamo di feste dell'unità, di tortellini che deludono, di conigli che stupiscono ogni volta, di aceto e olio che da qualche anno mettono in maledette bustine di plastica che le persone anziane puntualmente strappano bruscamente macchiandosi l'abito della domenica. maledette norme igieniche che fanno prendere le fette di prosciutto con le pinzette. maledetti centri commerciali. Mi sfogo, si sfoga. Ha 65 anni portati bene, io ne ho 32 portati a spasso. Io finisco che lui è a metà del coniglio. lo guardo un po', è discreto, mi sembra abiutato a star solo. Oggi c'è una bella arietta mi dice. La saluto, buona domenica...anche a lei. arrivederci e grazie della compagnia, ma si figuri.

Salgo in sella alla bici e da lontano continuo a guardarlo, è composto, perfetto, si pulisce la bocca con il tovagliolo. beve un bicchiere di acqua naturale, appoggia i gomiti al tavolo e guarda avanti.
Arrivederci

30 giugno 2006

ho sonno

29 giugno 2006

UNA PALLA

Torna a parlare Zdenek Zeman, neo allenatore del Lecce e da sempre uomo "anti-sistema". Il tecnico boemo parla del maxiprocesso, i giudici, la cupola, le intercettazioni, la stampa e il calcio da salvare.

Zeman, oggi comincia il maxiprocesso...
«Dopo tanti anni di trucchi, imbrogli, bugie, inganni e illeciti non casuali ma di Sistema, ora c’è finalmente la possibilità di cambiare quel Sistema, di fare calcio in maniera diversa, di farlo tornare solo uno sport. Hanno distrutto la credibilità di un gioco che il popolo ha eletto come propria principale passione e veicolo di sentimenti. Chi dovrà giudicare adesso e chi si ritroverà a fare calcio da domani ha il dovere di riportare in prima linea i valori morali da trasmettere alla gente affinchè il mondo del pallone non sia più il mondo esasperato che abbiamo vissuto negli ultimi 10 anni; gli stadi non siano più zone di guerra e territorio di lotta politica; e nei bar o nelle piazze si possa tornare a parlare di calcio, di giocatori, di tecnica e di tattica e non più di processi, corruzione, sudditanze, bilanci truccati o atleti dopati. Se invece si perde anche questa occasione...»

La credibilità del calcio muore definitivamente?
«La credibilità è già morta. Ora si deve decidere se si vuole rinascere. Vediamo se c’è la voglia di rinascere».

Lei che ha sempre denunciato tutto prima, pensava davvero fosse tutto così organizzato?
«Otto mesi di intercettazioni sono solo un piccolo squarcio di quanto è successo negli ultimi 10 anni. Perchè è accaduto molto di più di quanto oggi leggiamo...».

Proviamo a raccontare?
(La pausa è lunga, e negli occhi traspare l’amarezza)«Eh...Come lo spieghi a milioni di persone un imbroglio simile?»

Dieci anni...
«Oggi guardiamo la punta dell’iceberg ma tra A, B e C abbiamo vissuto dieci anni di scandali continui, figli e collegati al famoso Sistema. Il doping, i bilanci truccati, le plusvalenze, le iscrizioni fasulle, le fidejussioni, i passaporti falsi, la suddivisione dei diritti tv, i rapporti con le banche, le scommesse, i reucci del mercato, gli arbitri sudditi, la giustizia ingiusta, i conflitti di interessi... Decine di scandali insabbiati, sommersi, mai risolti. Con tutto il rispetto per chi in certe tragedie ha perso la vita, il calcio italiano è pieno di casi Ustica e Piazza Fontana. Tre anni fa, dopo una mia intervista, vennero a interrogarmi quelli dell’Ufficio Indagini, mentre sottolineavo le anomalie e gli scandali mi risposero, con mia grande sorpresa ed amarezza, che erano "chiacchiere da bar". Con questa scusa hanno spesso evitato di aprire inchieste, indagare, punire. Oggi non possono più dire che sono chiacchiere da bar, oggi ci sono le prove, oggi devono giudicare».

Cosa si aspetta?
«Per anni ho continuato a dire la mia, senza aspettarmi niente. Ma oggi mi chiedo come possano insabbiare tutto questo. Bastano le intercettazioni, ci sono prove inconfutabili. I regolamenti esistono e sono chiari: mi aspetto che venga sanzionato chi non li ha rispettati».

Cosa l’ha stupita o indignata di più di calciopoli?
«Che tutti continuano a dichiararsi innocenti. Nessuno ha detto: scusate abbiamo sbagliato. Sembra che nessuno abbia trasgredito le regole. Continuano a prenderci in giro, non è cambiato niente: prima negavano davanti alle supposizioni, ora negano davanti ai fatti».

Lo ha fatto anche Moggi, piangendo, a Ballarò...
«Finora da chi è stato indagato, interrogato, intervistato ho sentito solo tante bugie, omissioni, reticenze. Le lacrime di Moggi? Io penso a quanta gente ha fatto piangere lui. Dice che gli hanno rovinato la vita? Chiedetevi quante ne ha rovinate lui. Ci sono presidenti falliti, carriere condizionate negativamente, calciatori che si sono detti ricattati, campionati falsati».

Cosa vorrebbe dire ai giudici?
«Spero che si rendano conto di quanto è stato fatto, di come è stato condotto il calcio italiano. Spero che sentano sulla pelle la rabbia della gente, che sta dimostrando di volere un calcio pulito. Non chiedo giustizialismo, ma giustizia. Quella che per tanti anni è mancata. Prendano le loro decisioni senza farsi condizionare dall’importanza dei club coinvolti, ma solo dai reati commessi. In base ai regolamenti per casi meno importanti di quelli evidenziati dalle intercettazioni si subiscono pene severe. La giustizia sportiva ha una grande occasione, anche se parte della stampa continua a sottovalutare la gravità del caso».

Quella che sostiene che le sanzioni dovranno tener conto della straordinarietà del caso?
«La giustizia deve valere per tutti allo stesso modo, sempre».

La Gazzetta ha previsto «Solo la Juve in B»
«Perchè si deve parlare di serie B? Esiste anche la C2. Chi ha sbagliato paghi per ciò che ha fatto...»

Juve, Milan, Lazio, Fiorentina. Si sta mettendo 20 milioni di tifosi...
«Il vero tifoso ama la propria squadra in qualsiasi categoria essa giochi. L'importante è il modo in cui si partecipa ad una competizione. Dovrebbe dare più piacere una vittoria ottenuta con le sole proprie forze anche in una categoria inferiore, di un successo "importante" ottenuto con mezzi illeciti».

Eppure ci sono anche tifosi che inneggiano ai propri dirigenti implicati.
«Questo perchè la mentalità della vittoria ad ogni costo ha trascinato sulla cattiva strada anche una parte della tifoseria sbagliata. Spetta a chi dovrà gestire il calcio e far rispettare le regole riportare i giusti valori, cambiare quella mentalità».

Tra i club non coinvolti c’è chi chiede lo scudetto, chi pretende un ripescaggio in A.
«Ognuno farà valere le sue ragioni, ma per come la vedo io giustizia deve essere fatta innanzitutto non per risarcire questo o quel club, che magari negli ultimi anni ha altri scheletri nel proprio armadio, ma per risarcire (cosa impossibile di fatto...) la gente. Si deve dare un esempio alla grande massa di sportivi sani che si vuole tornare a fare calcio pulito. I regolamenti lo permettono».

Moggi, Giraudo, De Santis, Carraro, Mazzini, Lanese, Bergamo, Pairetto... Per la procura di Napoli hanno creato e rappresentato la “cupola”. Cosa pensa di loro?
«Vorrei che certi personaggi che hanno fatto tanto male al calcio non fossero mai esistiti. E mi auguro che non esistano più in futuro figure così. Credo che loro ed altri dirigenti vadano radiati. Invece noto che alcuni hanno addirittura mantenuto le cariche per l’organizzazione degli Europei 2012: complimenti... Ma soprattutto mi auguro che aumenti il numero di quelli che si possanno opporre a certa gente. I disonesti in ogni ambiente, in ogni epoca ci sono sempre stati, ma le mele marce possono essere escluse. Il calcio invece li ha protetti e tanta, troppa gente ha preferito mangiare insieme a loro».

Lei si è opposto, subendone le conseguenze...
«Non voglio farne un caso personale. Io ho solo cercato di aiutare il calcio a tornare pulito. Il mio modo di agire ha spesso messo in difficoltà anche le società che mi hanno ingaggiato. E questo mi dispiace. Ho trovato comprensione e appoggio dai tifosi, che considero il mio mondo, mentre ho trovato solo ostilità dalle istituzioni. E dagli altri tesserati sono stato isolato».

Come ha reagito davanti a tante intercettazioni in cui si parla, male, di lei?
«Non avevo bisogno di leggere le intercettazioni per sapere certe cose su di me. L’ho constatato sulla mia pelle quello che mi veniva fatto...».

E in generale delle Intercettazioni e del loro utilizzo cosa pensa?
«Che senza le intercettazioni tutto sarebbe continuato come prima, nonostante la buona volontà di pochi e qualche libro che isolatamente ha raccontato cosa accadeva. Ritengo dunque utili queste intercettazioni e mi da fastidio che molti sostengano che è grave che siano state pubblicate sui giornali e non si indignino invece per il contenuto di quelle intercettazioni...».

Come giudica il comportamento della stampa?
«Sto leggendo fondi indignati scritti con 5-6 anni di ritardo. Dov’erano allora certe penne e certi direttori? La stampa ha il compito di controllare ed educare. La quasi totalità, non l’ha fatto. Ci sono giornalisti pesantemente invischiati, eppure non mi risulta ci siano stati provvedimenti da parte del loro Ordine, così come non mi sembra siano stati sospesi certi agenti dei calciatori. Non basta concentrarsi sulla testa del "mostro", c’è anche il resto del corpo...».

Chi rappresenta le braccia, le gambe, la coda del mostro?
«Sono tanti. Da tutti quei dirigenti, dg e ds, che erano stati messi dal Sistema all’interno dei club e continuano a lavorare, a chi continua a gestire il mercato dei calciatori, fino agli oscuri funzionari all’interno del Palazzo che hanno fatto carriera grazie alla loro collusione col sistema o alla loro omertà».

C’è del marcio in Danimarca, ma se tutto è marcio?
«Bisogna ripulire e ricominciare daccapo. I mastini che difendevano il Sistema dicevano sempre: dove sono le prove? Eccole le prove, ora ci sono. Vediamo che uso ne faranno».

Galliani è stato l’ultimo a cedere dimettendosi dalla Lega.
«Era già anomalo che fosse presidente di Lega, non doveva aspettare un deferimento per lasciare quella poltrona. Ho letto che finalmente si è levato un problema. Ma se era un problema perchè ci teneva tanto a stare lì?».

Lippi ha resistito alla buriana ed è rimasto ct azzurro.
«Dai sondaggi è emerso che la maggior parte dei tifosi non si riconosce in certi personaggi. Ci sono delle forti anomalie all’interno della Nazionale e ho ascoltato conferenze stampa di giocatori a dir poco imbarazzanti. E’ mancato il coraggio di eliminare certe anomalie. Si vede che il risultato è sempre più importante della moralità».

Una vittoria al Mondiale potrebbe condizionare il Processo?
«Spero di no. Mi auguro che il Mondiale non sposti l’attenzione e di questo processo ci si occupi di meno. Perchè questo scandalo è gravissimo».

Lei potrebbe essere presto chiamato da Borrelli.
«Se mi chiamerà, mi presenterò volentieri... Una cosa è sicura: io non ci vado da indagato».

Zeman, ora si parla di sanzioni, ma il bottino, e non parlo solo di scudetti ma di soldi, verrà mai restituito?
«Su quello deciderà la giustizia ordinaria. E’ vero c’è stato un saccheggio e c’è chi si è creato delle fortune, ma è un’altra la loro colpa maggiore. Hanno rubato molto più dei soldi: hanno rubato i sogni di milioni di persone».

28 giugno 2006

penserai a me lo so. penserai a me un giorno anche lontano che sia...questo mi basta. mi accontento delle briciole mentre sul fuoco abbrustolisce la mia pannocchia penso a te. ti penso in mezzo al fumo, in mezzo a quell'odore che mi porta lontano dove le spiagge bianche si sbriciolavano di azzurro, mentre guardo le foto vedo le tue mani sulle mie spalle, mi toccavi, mi sorridevi, mi abbracciavi. sembra passata un eternità. un eternità.

metà della mia vita
metà della tua vita.
fanno una vita intera

giulio

26 giugno 2006


grazie piccolo mio,
grazie per avermi insegnato a dormire.

21 giugno 2006

1987

mi ricordo a distanza di anni quella giornata di sole passata a sperare di appoggiare la mia testa sul suo culo morbido, ricordo il sole stanco che rifletteva sul bordo bianco della piscina, intenso fino ad accecarmi, ricordo il mio nuotare cercando di imitare il coccodrillo...ancora oggi lo faccio a mio figlio...il coccodrillo. mi ricordo oggi di questo perchè è di oggi lo stesso sole di allora. io e lei in piscina a ridere. ricordo oggi di quanto fosse in effetti morbido il suo culo. il resto è tutto opaco tutto sfocato, tutto triste e sbiadito tranne una voliera smessa nel cortile di sua nonna, una voliera aperta senza uccelli dentro. ricordo fisso nel mio cervello...quella voliera aperta. ricordo di quanto mi sia piaciuto entrarci e pensare a quando gli uccelli volavano dentro quella galera. mi hanno sempre affascinato le case disabitate, i segni sui muri, le tracce degli abusivi venuti dopo. spesso mi è capitato di entrare nella case disabitate, spesso mi è capitato nel silenzio di provare a sentire le voci di chi ha abitato quelle mura. così in quella voliera, così in ogni casa, così in ogni persona, così con me stesso.

ascolto e cerco di vedere chi c’era prima, se in me c’è qualcosa di qualcun’altro, se prima ero qualcos’altro, se qualcuno ha vissuto dentro di me o se io ho vissuto dentro qualcun’altro. Alla fine non sarà un muro a dividerci, non sarà una voliera a impedirci di volare...prima o poi le porte si apriranno.

lo so

20 giugno 2006


parlo da solo...embè che c'è di male, scrivo da solo...embè che c'è di male. Sono patetico perchè piango...embè che c'è di male. Quando mi si riempiono i polmoni e respiro l'odore di legna bruciata o erba tagliata mi tornano in mente le crepe nella terra e i rospi sotto i sassi, i girini nei fossi e le bisce nascoste nell'acqua. La fantasia nostra non ha limite, a me spinge nelle tempie, ieri mentre pedalavo mi ha bussato alla tempia destra. C'è una storia in ognuno di noi e vorrei saperla, vorrei scriverla ma non inseguirla, vorrei fosse lei a venirmi a prendere. Quando matureranno le albicocche dal balcone mi sporgerò e ne mangerò tre. ho già fatto le prove, mi sono allungato e ci arrivo, ho sfiorato l'albicocca verde acerba.

ma adesso devo scappare, devo correre perchè arriva arriva arriva...mi sta inseguendo.

devo elaborare il piano d'azione e poi lo scriverò.
scriverò la storia quando avrò un piano d'azione.

intanto inverto le parole ma non il senso.
baci di falena

19 giugno 2006

rinunce, silenzi, paure, assenze,
nodi in gola che scendono e si fermano nello stomaco e diventano un pugno chiuso, una mano che stringe le budella e buona notte a chi riesce a dormire.
buona notte a chi ha il coraggio di pensarmi, a chi ha il coraggio di uscire di casa per stare un po’ con me a parlare, per chi ha il coraggio di stare con chi ha tradito, con chi ha perso tutto, con chi ha solo lacrime, con chi ha perso il sorriso, con chi ha rinunciato alla propria vita per amare.

il sorriso di un figlio regala tutto ciò che la vita ti ha tolto, e allora nasce la paura, la paura di dover rinunciare anche a lui, rinunciare non è cosa facile, rinunciare a quei sorrisi che ti danno tutto è ancor più difficile, rinunciare a l’unica cosa che può restituirti il sorriso è più difficile ancora e così ti ritrovi senza niente. senza sorrisi, senza motivi, senza niente, senza parole per spiegara perchè parole non ce n’è quando si muore. non si trovano le parole quando si muore...si muore e basta...ad occhi aperti sul letto con il soffitto che scende, con le tende che si muovono, con la notte e i suoi lampioni e il sole che filtra dalle tapparelle, con la testa che ti scoppia, con gli occhi che ti si chiudono e poi un secondo dopo si riaprono e devi vedere, devi ascoltare, devi vivere, devi sorridere anche quando non hai la forza neanche di camminare.

paure, silenzi, divani muti e mobili impolverati, vetri grigi, piatti da lavare, vestiti da stirare.

gira la ruota, la ruota gira, così dicono,
oggi me ne sto zitto e ingoio l’ennesimo sorriso e penso spero e sogno un giorno di poterlo vomitare.

ma neanche queste parole spiegano l’assenza, il silenzio di non esserci, la paura di non esserci più.

neanche queste parole
riavrò tutto quello che ho perso.
mi riprenderò tutto quello che sto perdendo.
ho perso tutto.
mi sto perdendo tutto.

15 giugno 2006

sono palcoscenici ambigui, sono linee rette su fogli unti dalle patate fritte. Le introduzioni senza i numeri di pagina si perdono in tomi senza senso. LEGGO quel cazzo che mi pare nell’ordine che mi pare, odio i numeri di pagina, odio i libri con un inizio e una fine.
in piscina seguo la linea sotto il mio corpo e intanto mi leggo dentro, ripasso l’ultimo periodo della mia vita anche se pronto per l’interrogazione non lo sarò mai. Sempre impreparato come quando da piccolo la notte la passavo ad inventare argomenti da sostenere in un ipotetica discussione con mio cugino che l’aveva sempre vinta. Vinceva sempre lui, lui che mi spogliava e mi obbligava a girare nudo per casa e volte anche ad uscire in balcone..il tutto sotto gli occhi sbalorditi dei vicini...finiva sempre a manici di scopa nei garetti, mia nonna. era lei che bastonava, lei in un metro e quaranta di ossa sapeva picchiare più di un fabbro, lei che strofinava i pavimenti, lei che mi odiava quando mi chiudevo a chiave in bagno per catturare tutte le mosche e metterle in un barattolo. lei e mio cugino. l’incubo che ancora oggi mi si ripresenta ogni volta prendo in mano una scopa. Io ero troppo piccolo per rispondere rapidamente..il mio cervello è più lento degli altri ad elaborare scuse o risposte giuste, così soccombevo...e mio cugino l’aveva sempre vinta. Mi legava agli alberi quando scendeva la sera dicendo che sarebbero poi passati gli zingari e mi avrebbero portato via con loro, non ricordo se piangevo, non è nemmeno un brutto ricordo è semplicemente un ricordo come quando mi ripeteva che ero più piccolo e dovevo tacere mentre mi sparava nelle cosce pallini di gomma dura con la pistola ad aria compressa o quando mi metteva di nascosto il purgante nell’aranciata che mia mamma mi lasciava per il pomeriggio. Ero ospite, stavo dai nonni paterni che vivevano con i miei zii e rispettivi figli..io ero ospite, per quello le bastonate finivano sempre nei miei garetti...credo.

Ripasso leggo respiro e torno a ripassare. l’acqua mi rinfresca le idee. Mia nonna credo sia stronza mentre mio cugino sono sicuro è un tossico. A me rimane questa linea da seguire, una sponda da toccare per poi ripartire, una scusa da inventare, un argomento da sostenere. non ne sarò mai capace.

so solo che correrò talmente tanto che il mio corpo si assottiglierà fino a diventare essenziale, allora forse anche il parlare sarà superfluo...non ci sarà più bisogno di parole, non scriverò più, non leggerò più. e vaffanculo!!! vaffanculo a mia nonna, e vaffanculo a mio cugino.

08 giugno 2006

BANANE


siamo semi al vento in cerca di terra per crescere fiorire sfiorire e tornare seme per poi tornare a volare.

Coltivo il mio bonsai, costringo le sue radici in un vaso. L'unico modo che ha una pianta per vedere il mondo è quello di fiorire per poi sfiorire, tornare seme per poi cadere e tornare a volare. L'unico modo è quello. E allora lo coltivo con tutto l'amore che ho, spero che fiorisca, spero un giorno di vederlo volare. E' così...un passo alla volta, è un passo alla volta che il banano ha scoperto di poter vivere anche in trentino. Nascere crescere morire per poi rinascere un po' più in la, sempre un po' più in la. E' vivendo al margine che si scopre di poter sopravvivere...sperando ogni giorno di poter andare un po' più in la, oltre.

Mangio banane prima di dormire sperando di svegliarmi un po' più in la.
Sperando di volare senza prima dover morire.

07 giugno 2006

sito posto...


cerco di dividere. cerco di creare un solco. cerco di scavare. ultimamente metto anche la punteggiatura ma non cambia niente il senso lo si da a seconda del volere. la maiusola dopo il punto non ci sta come non ci sta che io all'incrocio prenda sempre la strada sbagliata. anzi no ci sta. si ci sta perchè è così. sempre così. non ho intuito stradale. sbaglio sempre e anche questo è un pregio.
ieri ho stuccato un ascia di legno in colonna sulla tangenziale, ottimizzo. mi scaccolo, faccio i calcoli per un equa separazione dei beni. per una separazione che mi lascerà con un vuoto a rendere. con una metà da riempire. con un figlio da amare.

giulio cresce

io mi invento sorrisi

...è quel filo sottile che ci unisce anche da lontano che mi fa stare con un piede sull'altro immobile a 10 metri da terra.

cerco l'equilibrio

disegno su legno

nel baule il mio garage

due paia di scarpe, stucco per legno, un'ascia, due matite, un temperino, una gomma, otto barattoli di acrilici, sei libri, un tappeto persiano, un paio di racchette da ping pong, una ruota di scorta, un cappello, un panno, una bottiglia d'aqua, carte da pinacolo, una macchina fotografica, un pallone.

05 giugno 2006

lavo i pavimenti, faccio torte, faccio pasta al pomodoro capperi e olive, friggo il pesce e alla fine spazzo.
faccio il letto, sbatto i tappeti e mi scambio la torta con la vicina di casa. Un pezzo di torta al cioccolato per un pezzo di torta alla ricotta. Mi tolgo la maglietta e con Giulio vado al campo da calcio a giocare...."papà il portone".

Dai calcia forte!

Gooool gooool gooool

papà rimettiti la maglietta, copri la pancia.

no Giulio il papà sta così e anzi....vieni qui....vieni qui...vieni qui.
adesso togliamo anche la tua.

papà...ma anche io ho la pancia!

corri papà corri papà

I am mine

quando niente sembra esserci più tranne il sole la mattina e la luna la notte
non rimane che guardarsi nelle tasche.
guardarsi allo specchio e parlarsi.
chiarirsi.

giulio in una mano
la mia vita nell'altra,
c'è chi tende a vederle come due vite distinte
io tendo a vederne una sola..
unisco le mani
e tendo a non dividerle mai.

mi stringo le mani.

Non è facile lottare quando rimane poco con cui lottare tranne lo specchio,
non è facile stringersi le mani,
c'è sempre qualcosa di estraneo nelle mie mani che si stringono,
come estranea ad un certo punto sono sicuro mi sarà la vita di giulio...
uniti per sempre
uno destro l'altro sinistro
padre e figlio
due vite
quattro occhi.

Non c'è tanto con cui lottare
forse l'unico motivo per cui vale lottare
è quello di riverdersi la mattina sorridere al sole

accade sempre
accade ogni mattina.

neinte e nessuno mi toglierà mai il sorriso
niente e nessuno.

I am mine

01 giugno 2006

30 maggio 2006

SQUALI VOLANTI

il gatto ha mangiato, i pesci rossi hanno mangiato, gli uccellini hanno mangiato, Giulio da oggi ha imparato a dire "....secondo me....." ha un opinione e la argomenta quasi fosse un adulto nano di due anni e mezzo. Papà secondo me non piove, allo scroscio d'acqua risponde dicendo che è il vecchietto del piano sopra che ha fatto la pipì...."papà secondo me non piove".
Raccolgo il mio bonsai, lo carico in macchina, penso allo squalo gonfiabile preso domenica in fiera e volato in cielo...ho visto uno squalo volare, è stato bellissimo vederlo sparire con quella bocca spalancata dalla paura.

Giulio ride nel sonno e appena apre gli occhi mi abbaraccia, mi dice "amore mio" io non so cosa pensare, rido, e mi faccio spupazzare, ci massaggiamo i piedi a vicenda, ci teniamo le mani nel sonno. ci tocchiamo i capelli per addormentarci.
Ieri sera abbiamo fatto un pulcino enorme di cartone, ora fa compagnia alla mucca. Mi sento meno solo tra i pulcini le mucche le macchinine le ruspe. La casa straripa di giochi di carta, aeroplanini decollati e poi caduti.

Guardo il piatto vuoto, mi manca qualcosa, superare i limiti è difficile, io lo sto facendo. Sto andando oltre i miei limiti e scopro di averne altri da oltrepassare, sempre così, è sempre così. Respiro profondamente, mi verrebbe da piangere ma non ne ho voglia, gestisco le mie lacrime....oltrepasso il limite e salto la notte perchè so che la mattina mi regalerà un sorriso nuovo.

non fa niente. passa. passa tutto
e se gli squali volano spaventati
forse anche gli invisibili un giorno
diventeranno credibili.

toccami i capelli che stanno crescendo

RE-PLAY

Medea ma chi sei? Medea perchè mi fai girare a vuoto che sono stanco?
Rinnovo la tessera in quanto scaduta...voglio "il mercante di Venezia" e invece mi ritrovo a guardare titoli assurdi, nelle corsie Relax, salto la corsia Family e passo a quella riservata ai film Adrenaline, poi vado nel genere commedia per finire in quella riservata ai bambini. Intanto mi guardo i piedi, mi tocco il naso e seguo una coppia che vorrebbe prendere "Mr. & Mrs. Smith", mi annoiano e mi allontano, seguo una ragazza in minigonna, seguo il suo ragazzo che cerca giochi per la playstation. Poi di colpo mi fermo e mi dico "ma che cazzo ci faccio io qui?"..."voglio un film, credo".
Così decido di prendere "Walk the line", la vita di John Cash, si, ok, sono convinto, vado pago e guardo. Alla cassa rinnovo la tessera scaduta, pago ritiro e corro a casa...quella casa che non è mia, quel letto che non è mio, quel televisore in prestito. Sono stanco, sulle gambe ho 100 km di bici e poche ore di sonno, so che probabilmente crollerò. Entro saluto la statua di mia madre seduta a tavola da sola, sempre sola, sempre immobile, mio fratello non c'è, mio padre è finalmente a suonare. Sono solo, sul letto di mio fratello, mi tolgo le braghe mi sdraio accendo il lettore dvd apro il cofanetto e scopro che dentro non c'è niente.

silenzio

silenzio

mi rivesto in silenzio e con santa pazienza riparto, stanco, sempre più stanco arrivo al videonoleggio dove mi aspetta lei, Medea, entro, le mostro il cofanetto vuoto e senza aprire bocca le faccio capire che non c'è nessun dvd dentro. Lei cambia colore, sbatte le ciglia, abbassa lo sguardo e tra una battuta e l'altra mi dice anche che le mancavo, per quello non aveva messo il cd dentro il cofanetto. Finalmente trova il cd, me lo da e sulla porta mi da anche un consiglio...da amica..."controlla sempre nel cofanetto, prima di andare controlla sempre, non si sa mai".

silenzio

silenzio

salgo in macchina faccio 100 metri e decido di seguire il consiglio. apro il cofanetto e dentro trovo un'altro film. non quello che avevo chiesto.


silenzio

silenzio

torno indietro, entro e la trovo di nuovo sorridente alla cassa, mi guarda e ancora prima che io apra bocca mi dice. "mi sono affezionata a te". Rido. prendo il film corro a casa accendo il dvd inserisco il film e mi addormento.

ricordo solo la scritta "PLAY"

22 maggio 2006

io ballo da solo


ogni cosa ha il suo peso. ogni parola ha la sua panchina su cui dondolare...il suo posto di blocco, le sue transenne, il suo palco vuoto, le sue tribune piene di schegge. Mi tremava il petto, mi sudavano le mani. C'era uno spiraglio, c'è uno spiraglio, ci sono le stelle e i grilli che in centro si nascondono. Arriva l'estate e il gatto comincia a fare il pieno di notte nei distributori vuoti. 20euro e via. Venti euro e si parte. Il pieno di parole non costa più tanto come prima. Il prezzo è calato e allora faccio il pieno.
Ballano le debuttanti...il dubbio l'ho avuto quando girando l'angolo noto due anziani signori, marito e moglie a braccetto, passeggiavano per il centro alle 3 e mezza di notte...lui in frak e lei in...boh, non saprei...in abito da sera, ecco si in abito da sera...luccicava tutta. Faccio un'altro centinaio di metri e vedo altre due coppie poi spengo la macchina e seguo la musica che nelle notte sembra arrivare da quel mastodontico portone spalancato sulla piazza. E' un valzer...è il ballo delle debuttanti. Non mi resta che mettermi comodo, con le schegge nel culo in posizione centrale sulla tribuna d'onore deserta. Un militare dopo pochi minuti mi fa spostare, sposto le mie parole, chiudo gli occhi e ascolto. Un ragazzo chiede se ho un sigaretta offrendo in cambio un goccio di vino...se ne va barcollando. alle 4 finiscono le danze e mentre li guardo uscire a coppie mi sembrano tutti storpi, le donne che a mala pena si reggono sui tacchi a spillo aggrappate come avvoltoi al loro ballerino dalle tasche piene di denari. io me la rido. me la rido, me la rido.

sono strani giorni.

19 maggio 2006

sono qua a mettere un piede davanti all'altro, qua a scindere il dolore dal camminare, la pianta del piede dal ginocchio, il pensiero dal sentiero. scindo, divido, cerco strade, tocco pareti, annuso fiori e coltivo sogni su marciapiedi ai bordi delle strade. Il vaso di fiori ha bisogno della mia acqua come mio figlio ha bisogno della mia mano questo è il punto. Il punto da cui dovrò partire, il punto da cui dovrò piantare le radici e crescere....nel mio vaso. dal balcone guardo il vaso del vicino, i suoi gerani sono più rosa. Io ho una pianta grassa cresciuta dal nulla, probabilmente caduta dal piano superiore, probabilmente portata dal becco di un uccello, anche la mia tra un mese fiorirà, farà mille fiori viola che all'imbrunire si chiuderanno per poi riaprirsi la mattina al primo sole. E' stata la sospresa più bella da un anno a questa parte. Non teme il feddo, non teme il gelo, in inverno le sue foglie si fanno scure sembra seccarsi ma al primo sole torna verde, io le do acqua, le do la sigaretta dopo cena e il caffè dopo la sigaretta. Lei gradisce e fiorisce. lei cresce e riempie di invidia i vicini che si chiedono che pianta sarà mai.

Io non lo so...non so chi sia, so che forse un giorno se ne andrà com'è venuta. In casa siamo io e lei. Io lei un pesce rosso e uno nero, il gatto, otto canarini e cinque bengalini. la mia vita in un pennello secco, la mia vita in una biro che devo succhiare per convincerla a scrivere, la mia vita in un occhio che se non riesco a disegnare impazzisco.

la mia vita nella fuga delle mattonelle, nelle strisce pedonali che conto una ad una, salto da un lato all'altro della strada galleggiando sulla zattera a strisce. La pianta dei miei piedi mi dice che la strada si farà volentieri calpestare, purchè il peso sia reale. Via i pensieri....leggero...più leggero.

Song To Say Goodbye
PLACEBO

12 maggio 2006

09 maggio 2006

05 maggio 2006

SANT'ANNA

ieri abbiamo calciato un pallone insieme.
un calcio alle sbarre, un calcio alle vite segnate, un calcio alle croci in fronte.
Ieri abbiamo giocato con i detenuti del carcere.
ragazzi segnati dentro e fuori...abbiamo corso sudato esultato e dimenticato tutto.
alla fine un ragazzino cha avrà avuto più o meno 19 anni era a bordo campo...
a vederlo c'erano i genitori e il fratellino piccolo...
stava li con loro a respirare, il fratellino lo abbracciava,
i suoi occhi luccicavano, io sono passato e sparito,
il mio cuore nel sfiorarli passandogli accanto ha tremato, battuto e pianto.

Tutto passa ma i segni rimangono.
la vita va avanti e i segni diventano strade, paesi, case, amori, colori, odori...
e si torna a vivere ne sono certo.

ore 22 e 30 salgono sul pulmino e tornano tutti insieme dietro le sbarre tra quattro mura.
io respiro forte, più forte e mi sento libero, magari con qualche privazione....ma libero.

04 maggio 2006

ZORRO


il freno a mano l'ho dimenticato e la macchina ha provato l'ebrezza di guidarsi da sola andando a sbattere ovunque...la chiusura centralizzata della macchina mi ha rinchiuso il figlio al sole. io sono impotente di fronte a tutto questo. rimango come domenica sera immobile a fissare i disastri, i vetri rotti, l'ambulanza portare via i feriti, le fiaccole a terra, i vigili che mi chiedono i documenti. i passanti che mi guardano io che li guardo io che mi guardo e non vedo l'ora che tutto finisca, il cuore non si emoziona nemmeno in questo, batte regolare nel caos. ora come ora potrei calciare un rigore al novantesimo in una finale di coppa del mondo.

la mia macchina si sta ribellando, si chiude da sola, si sposta da sola.
domani mattina provo ad affaciarmi alla finestra e cacciare due fischi come faceva Zorro...
magari si accende,
si scappotta
e mi porta a lavorare.

03 maggio 2006


ho imparato a dormire, mi stendo su un fianco, lo guardo negli occhi, gli annuso le guance e dormo...dormo anche io. a 33 anni mio figlio mi ha insegnato a dormire. sono sensazioni che non provavo da quando avevo forse cinque anni. mi tocca i capelli, io gli infilo il naso nel collo lo annuso e chiudo gli occhi. ho imparato a star seduto a tavola, a mangiare con calma, ho imparato a masticare.

buona notte amore mio, grazie...grazie. ogni giorno mi insegni qualcosa, mi insegni a respirare, mi insegni ad aver pazienza, mi insegni ad aspettare, mi insegni ad ascoltare, mi dai la forza per continuare, mi fai rinascere ogni mattina, non mi fai sentire la stanchezza, mi fai ridere, mi fai piangere dalla felicità, mi fai chiudere gli occhi e sognare.

sei la cosa più bella che ho, sei la mia mamma, sei il mio papà, sei mio figlio, sono tuo padre e lo scopro giorno dopo giorno.

insieme per sempre
per sempre papà
per sempre il mio bimbo

28 aprile 2006

istinti

e io cosa devo dire... che un cliente ci prova con me, peccato sia un uomo, ringrazio, raccolgo il numero di cellulare e sorrido.
Mi ritrovo a fischiare in macchina, in un attimo asciugo le lacrime e fischio. ci sono attimi in cui sento crescermi dentro una pianta...è una sensazione indescrivibile ma è così. C’è un albero dentro di me. mi usciranno le radici dal culo e i rami dalla bocca, fiorirò e regalerò i frutti al mio bimbo...sarò la sua pianta di mele o magari sarò un tiglio profumato..magari un glicine fiorito. Coltivo da solo la mia pianta, a me piace fare da solo, anche il corso di autostima mi piace farmelo in bici, con la musica nelle orecchie a saltare i fossi, scalare montagne e buttarmi nelle mischie...nella polvere. Mi piace decidere da solo...se dovrò sorridere voglio deciderlo io, come e quando non lo so ma Mangiafuoco non è mio amico. Io faccio da solo, i fili li ho bruciati e sul palco ci vado per me, non per lui, non per il gatto e neanche per la volpe. Mi si scombinano i discorsi, le frasi si accavallano...buon segno. Ci sono parole che non se ne andranno mai dalla mia mente “volere potere” mise fine ad una storia d’amore tanto tempo fa. Oggi mi gira nella testa un’altra frase “ho un buon istinto di sopravvivenza”...credo che questa frase mi basti per farmi pensare che se tanti anni fa nulla si poteva volere senza averne il potere, oggi a nulla si sopravvive se a nulla si ha da soccombere.

24 aprile 2006

primavera 2006 Roberto Piumino

vorrei seguire i piumini mi dicevo ieri...
sapere dove vanno a finire nei giorni di festa per scappare dalle invasioni di gente nei parchi...e allora li trovi radunati ai bordi dei marciapiedi, in mezzo all'erba alta e nei casi disperati si gettano in acqua galleggiando...perchè loro sanno nuotare finche le forze reggono.
Credo di essere un piumino...a questa conclusione sono giunto ieri in curva sud a metà del secondo tempo, quando tutto il tifo intonava il coro "non mollare mai". il mio sguardo filtrando tra le sciarpe tese si era fissato da un po' su quell'ammasso di piumini in fondo, in basso, ai piedi del capo ultras che cantava spalle al campo. Credo di essere un piumino, l'ho pensato quando finita la partita mi sono ritrovato ad inseguire un signore 70enne con figlio ancora a carico, lenti passeggiavano, divisi da 30 anni eppure uguali, stesso profumo, stessa andatura, stesso silenzio...ed io, mosso dalla loro corrente mi sono alzato e ho inseguito fino ad incrociare un'altro profumo, poi un'altro ancora, poi un'altro. in balia delle correnti un cuba libre alle cinque del pomeriggio ha dissetato la mia solitudine. Appoggiato al cofano di una punto guardo un tossico chiudere gli occhi e dondolare, riaprirli per poi sputare e dire all'amico immobile al suo fianco "ma quanto cazzo mi bruciano gli occhi". Lo fisso, e penso che è piccolo il salto ma lunghissima la caduta. si spegne lentamente la sua giornata come la mia, piumino in balia delle correnti, cuore che scoppia di desideri.

Ieri mi hanno chiamato Roberto, qualcosa vorrà dire.
Roberto Piumino
sarò io?

13 aprile 2006

LO SCRUTATORE NON VOTANTE

Lo scrutatore non votante è indifferente alla politica
ci tiene assai a dire "oissa" ma poi non scende dalla macchina
è come un ateo praticante seduto in chiesa la domenica
si mette apposta un po' in disparte per dissentire dalla predica

Lo scrutatore non votante è solo un titolo o un'immagine
per cui sarebbe interessante verificarlo in un'indagine...

Intervistate quel cantante
che non ascolta mai la musica
oltre alla sua in ogni istante
sentiamo come si giustifica

Lo scrutatore non votante
è come un sasso che non rotola
tiene le mani nelle tasche
e i pugni stretti quando nevica
prepara un viaggio ma non parte
pulisce casa ma non ospita
conosce i nomi delle piante che taglia con la sega elettrica

Lo scrutatore non votante conserva intatta la sua etica
dalle sue droghe si rinfresca con una bibita analcolica
ha collegato la stampante ma non spedisce mai una lettera
si è comperato un mangiacarte per sbarazzarsi della verità

Lo scrutatore non votante
è sempre stato un uomo fragile
poteva essere farfalla ed è rimasto una crisalide

Telefonate al cartomante
che non contatta neanche l'aldiqua
siccome è calvo usa il turbante
e quando è freddo anche la coppola

Lo scrutatore non votante
con un sapone che non scivola
si fa la doccia dieci volte
e ha le formiche sulla tavola
prepara un viaggio ma non parte
pulisce casa ma non ospita
conosce i nomi delle piante
che taglia con la sega elettrica

Prepara un viaggio ma non parte
pulisce casa ma non ospita
lo fa svenire un po' di sangue
ma poi è per la sedia elettrica

(samuele bersani)
voglio uscire da questo giardino pieno di spine e scrivere del sole che scalda il culo. Domenica mi sono addormentato su un prato di margherite a bordo campo....mentre si stava giocando una partita di calcio. dormivo mentre il vento mi accarezzava il collo. mentre le formiche trasportavano pezzi di patatine, le mitiche patatine “MIA” una marca assurda che ricordo di aver mangiato l’ultima volta alle scuole superiori, ed ogni volta era sempre la stessa storia.....”MIA, la ‘ppatatina ca fa p’ttia” e giù a ridere. Ridere come rido oggi nel vedere Rocco Siffredi dire che “la patata tira” o una cosa del genere.
Il tempo mi accomapagna e in effetti solo non lo sono mai, solo è solo un apparenza, solo è solo una paura, solo è solo un’ombra senza braghe senza maglia senza volto. solo è solo una macchina senza passeggero, un albero senza frutto, un ghiacciolo senza bastoncino....il gelato, sì il gelato, così mi alzo e nell’intervallo della partita vado al bar e prendo un gelato che mi mangio guardando dodici bimbi in braghette corte calciare un pallone. Uno di questi avrà avuto al massimo sei anni, forse cinque, biondo e con una cattiveria addosso incredibile...passava sotto le gambe degli avversari, rubava palla così lui, e segnava esultando. esultava, esultava e correva. io non riesco mai a vedere una palla rotolare se non vedo qualcuno calciarla, le partite di calcio non mi interessano se non sento le voci dal campo, se non sento il respiro affannoso, se non sento cosa si dicono tra loro compagni e avversari....non vedo la palla se non sento la vita che scorre...così...ascolto più che guardare, non seguo la palla ma osservo sempre chi è lontano dalla palla. il portiere che si sistema i calzettoni e parla da solo per me è il calcio. il difensore che quando l’azione è dalla parte opposta del campo parla con l’avversario. Quel biondino mi ha fatto vedere la palla...solo a me, perchè gli altri non l'hanno mai vista.

Non sbaglio quasi mai...già dal camminare e dallo sguardo ti so dire chi la butta dentro e chi la raccoglie....i bambini non mentono mai.

10 aprile 2006

c'è stato un periodo della mia vita in cui ho odiato la domenica perchè era il giorno in cui miracolosamente appariva mio padre e dovevo star con lui, girare ore o ore in macchina ad assisterlo nelle sue foto, nel suo girovagare per la città e le campagne. C'è stato un periodo in cui ho odiato le otto di sera perchè era l'ora in cui dovevo cenare, star seduto a tavola. C'è stato un periodo in cui ho odiato mio cugino, lo odiavo perchè ero innamorato di lui, perchè lui aveva sei anni più di me e mi legava agli alberi dicendo che sarebbero venuti gli zingari e mi avrebbero portato via, lo odiavo perchè bucava le ruote delle macchine e poi dava la colpa a me, lo odiavo perchè un ultimo dell'anno mi bruciò il mio king kong preferito e io nel tentativo di spegnere le fiamme mi sciolsi le suole delle scarpe prendendole di santa ragione da mia madre...oltre che da mia nonna. Odiavo mio padre e mio cugino...amavo mio padre e mio cugino. Mio padre oggi non c'è neanche più la domenica, mio cugino oggi è un tossicodipendente e io oggi odio ancora la domenica e tutti i giorni di festa.

07 aprile 2006

attacchi sfasati

se due stivali mi camminano accanto faccio sempre finta di non sentirne i tacchi. Io che porto solo scarpe da ginnastica sono abituato a molleggiare sull'asfalto. questo per dire che due stivali mi provocano vibrazioni strane che partono dalle caviglie e arrivano al cervello passando dal cavallo. si il cavallo. l'incrocio delle mie gambe vibra al suono dei tacchi.

una ginocchiata ai maroni potrebbe scaldarmi, mi ripetevo ieri sera mentre correvo nel fango, la disamina della partita è stata spietata da parte del mister, il centrocampo deve attaccare più alto, tu vertice alto del rombo esci per primo ad attaccare...ma attenti alla diagonale che deve essere ben fatta. i tempi li detto tu. tu detti i tempi...Io detto i tempi, io che ho l'orologio indietro di due giorni...

vinceremo in anticipo mi ripeto sempre.

Stamattina i tacchi mi vibrano nel cavallo e avrei bisogno di una ginocchiata nelle palle ma siccome sono il vertice alto di questa specie di rombo devo attaccare per primo pur avendo l'orologio indietro di due giorni.

06 aprile 2006

impotente.
eppur domenica credevo di morire, tra le papere le mie gambe si stiravano. seduto sul bordo incrociavo lo sguardo fino a diventare cieco. mi tappavo le orecchie per non sentire gli schiamazzi. Sulla collina giocano due ragazzi a palla, tre ragazze guardano e commentano, una di loro calcia la palla mentre risponde al telefono...io la guardo, lei mi guarda. due coppie di fidanzati si abbracciano. il cane al guinzaglio porta a spasso i padroni e io non riesco a muovermi. mi manca, mi manca tutto.
E' incredibile come all'improvviso mi manchi tutto anche il fiato anche l'appetito anche la voglia di specchiarmi, anche la voglia di addormentarmi. mi sdraio a terra nell'erba fresca, l'aria gelata delle otto mi entra dalle maniche, dal collo, dalle braghe. congelo. immobile. impotente.

tienimi le mani piccolo mio, ora che il tuo papà ti pensa tienigli le mani.
accompagno le nuvole nel cielo quando i colori si fanno rosa arancio.

immobile penso, penso a due piedi strabici che si guardano, mani in tasca mi coccolo, libro in mano mi alzo e vado.
Quando penso a due piedi strabici mi coccolo sempre, quando penso a lui mi coccolo sempre, mi da forza pensare a lui.
Espiamo dice Davide, e allora i centri commerciali fungono da confessionali, da conventi dove ritirarsi a espiare le proprie colpe. Cammino e penso lontano e mi ritrovo vicino, sul percorso battuto dai passi dove non cresce più erba...mi rirovo ad inseguire un karateka che ogni due passi fa un salto mortale poi all'improvviso torna normale.

impotente
immobile

31 marzo 2006

NELLA BORSA

mi muovo solo.
cammino solo.
leggo solo.
scrivo solo.

la primavera mi ricorda ogni anno qualcosa.
il sole scalda e io a scrivere che il sole scalda.
il vetro sporco e il paraurti imbarcato da una retro sbadata.

la mia borsa porta in grembo una macchina fotografica, biglietti del cinema, medicine, buste paga, bollette di luce gas e acqua, disegni, parole sparse, un libro, una maglietta, un cioccolatino, un lecca lecca, una pila, un ipod, il giornale soloaffitti, il biglietto di un concerto, il biglietto della fiera del libro.

scadrà tutto.

Stanotte sono stato rapinato in sogno, giravo in scooter senza casco, un personaggio mi si affianca, mette la sua mano sulla mia spalla e mi dice "senti ho bisogno un attimo, non è che mi daresti tutto quello che hai?"...."dovrebbe essere una rapina" io mi fermo e mi accorgo che insieme a lui ci sono altri cinque individui poco raccomandabili. Metto mano al portafogli, lo apro sapendo che da una settimana giro con 300euro (il mio aumento, i miei straordinari) prendo i soldi in mano e li consegno al capo banda...frangetta da rumeno....chiedo solo se posso tenermi i soldi per un gelato, loro ci pensano un attimo e...giù botte.

Il mio aumento se ne va, così come i miei straordinari, mi sveglio più leggero. con un occhio nero un pensiero in meno. non sono abituato a girare con i soldi in tasca, prima o poi doveva capitare...avrei dovuto lasciarli a casa. ma in quale casa?

forse nella borsa

29 marzo 2006

EVAPORARE


La solitudine è
amara beatitudine per me
è necessaria come un vizio
e la coltivo un po' per sfizio
un divano in cui affondare
è condizione esistenziale
come misurare i pavimenti
a passi lenti
e queste quattro mura
sono ormai la mia censura
a tutto quello che c'è fuori
che spesso fa così paura.

Allora vorrei evaporare
per essere dovunque
ed entrando nei respiri
comprendere i pensieri
imparare a pattinare
su questo oceano di ghiaccio
e a tendere il mio arco
fino a non potere fare di più

meno male che ci sono
altrimenti sarei solo
come è sola una ferrovia
è prigione e protezione
vanitosa commemorazione
della mia apatia
ma il fatto è che di questo stato
ormai ne sono innamorato
come un vecchio del passato
come Dio del suo creato

Allora vorrei evaporare
per essere dovunque
ed entrando nei respiri
comprendere i pensieri
imparare a pattinare
su questo oceano di ghiaccio
e a tendere il mio arco
fino a non potere fare di più

(Niccolò Fabi)

28 marzo 2006

CON.CERTO

un sabato pomeriggio dopo aver giocato a calcio...quando le gambe pesanti vanno da sole, per inerzia camminavo in lungo e in largo per il centro con un dubbio nella mente. Ne prendo uno o due, uno o due, uno o due...intanto il sole calava e il sabato pomeriggio mi sapeva sempre di più di gelato e io ringiovanivo, più il sole calava e più piccolo diventavo...alle ore 19:00 ero un 15enne depresso, alle 19:10 ero un 12enne in fila con il solito dubbio, uno o due, uno o due, non chiamo nessuno, non mando messaggini con il cellulare...alla cassa dico due, sparo due biglietti e scelgo anche il posto...non troppo bello ma neanche troppo brutto. mi butto... più o meno dove vuole il cassiere, alla fine sceglie lui per me.
Alle 19:30 quando la luce fuori si fa arancione sono un bambino di dieci anni in una pizzeria d'asporto a mangiare una pizza di gomma con posate di plastica su un trespolo dorato. siamo in tre, io Abdul e Karim. Esco e mi accorgo che pochi metri più avanti inaugurano una mostra di pittura, gente gente gente, la solita gente che io vedo sempre tutta uguale, a me sembra che si guardino più che guardare a me sembra che parlino da soli più che parlarsi. La stanza è stipata di gente, sigari e cravatte, il finto povero ormai è il padrone del mondo, il trasandato ricercato è l'artista del secolo. Entro e non pago, sono un minorenne io, riconosco due tre facce...slalom veloce e poi via...esco. In tasca ho due biglietti, nello stomaco una pizza di gomma e nelle scarpe un sacco di sassolini da togliere.

Esco e prendo l'autobus.

27 marzo 2006

niente panchina

Camminiamo e parliamo...ne avevo voglia, avevo voglia di farmi tenere le dita camminando, avevo voglia di sentirmi oca, anatra, scimmia...sentirmi inseguito così ho lasciato il passeggino in macchina e via a camminare. Ti ho promesso pesci e papere ma nel tragitto ti regalo portoni pieni di ragnatele, gnocchi al forno e succhi di frutta, crepe nel cemento e marmitte bollenti da non toccare, cassette di frutta da indovinare, bambini che escono da scuola da osservare. Camminiamo tanto e tu non mi chiedi mai di stare in braccio, ti piace guardarti tra i piedi, toccare tutti i muri e guardarti le manine sporche e sorridere, facciamo su e giù dalle scale mobili e ridi, così le rifacciamo, non prendiamo niente ci bastano le scale mobili a noi, piacciono a me quanto a te mi sa....manca un'altro chilometro e finalmente papere e pesci rossi grandi come tonni, galletti che cantano, anatre che se potessero mangerebbero bambini interi. la giostra nel parco canta uno squallido remix delle tagliatelle di nonna Pina, i papà e le mamme filmano, fotografano, sorridono e si dividono i compiti...chi paga alla cassa chi accompagna il bimbo sulla giostra, chi regge la borsa alla moglie, chi fissa dalla panchina, chi sorride al figlio parlando al cellulare, chi si sente papà e chi nonno. le panchine sono tutte occupate, noi non stiamo in panchina, noi guardiamo la giostra girare. il ritorno è faticoso, tu provi a tenermi la mano ma crolli, così ti carico in spalla e torniamo a casa.

La tua casa.

rimani immobile.
fissi il saliscendi, il riflesso dello scivolo ti regala due fessure agli occhi e un espressione che è tutto un programma. Aspetti il tuo turno e immobile osservi tutti e tutto. Mi ricordi qualcuno. Gli altri bimbi ti passano accanto e di corsa divorano i gradini, si appendono alle corde, si lanciano dagli scivoli, tu sei immobile, a volte ti sbattono contro, giri come una trottola e continui a fissare...mi sembri un cartello stradale mosso dal vento, mi sembri un albero. aspetti l'attimo, aspetti il tuo turno forse, mi guardi, ti guardo. mi allontano mi siedo a terra e aspetto il tuo turno...non insisto perchè anche a me piace guardare, oggi guardo te che guardi. Sei atipico, sali sullo scivolo quando non c'è nessuno, ti siedi pronto a scendere, poi cambi idea, ti rialzi e scendi dalla scala con un sorriso che non ti sta in faccia e mi dici...papà, andiamo a casa...contento, felice, mi abbracci forte e questo è tutto.

Basta, non insisto, il tuo gioco è finito, ti sei divertito così...a guardare. Ti carico in spalla e torniamo a casa.

La tua casa.

21 marzo 2006

piove

20 marzo 2006

LEI RIDE

cosa c'è da ridere se mia madre dice che forse ho una sorellina....
cosa cazzo c'è da ridere?!!...


alla fine mi guardo attorno.
con la voglia di essere da tutt'altra parte
mi sembra surreale il dialogo
surreale che mio fratello cammini in casa con i moon boot,
surreale che mia madre rida,
e allora mi alzo, esco
e in macchina rido anche io.

Vorrei proprio vederla questa sorellina
sarà bionda
metà ucraina
metà orco.

17 marzo 2006


sguardi che sfuggono

16 marzo 2006

KING KONG e la GIRAFFA

E' come se avessi messo un altro mattone...e un'altra parete si è fatta. Ieri sera parlavo di me con il nano dal fiato impossibile, mediavo la mia separazione, riempivo la mia distanza, occupavo di parole la mia assenza, martellavo di domade, asssorbivo risposte, macinavo perplessità e infine sbattevo la testa. Fissavo l'orologio alle sue spalle che correva, correvano i minuti, alla sua destra il puntatore sul monitor del pc si muoveva da solo...il tecnico on-line stava cercando di riparare il software...quindi eravamo in quattro, io, il nano dal fiato che uccide, mia moglie e l'uomo invisibile che muoveva il mouse.

Intanto il muro si faceva...si parla di solitudini, di paure, di voglie, di desideri, di bacchette magiche, si alzano i toni, lo scontro mi piace e quello è il mio ring, metto i guantoni e picchio, picchio ogni volta più forte ma devo stare attento perchè appena abbasso la guardia me ne arrivano da tutti i cantoni.

Mi piace incassare così raccolgo le mie guance nei palmi e incasso, incasso fissando il pavimento, incasso la fine di un matrimonio, incasso le mie mancanze, le mie assenze, le mie paure infondate, il mio maledetto pessimismo che se solo si avesse la pazienza di aspettare si trasformerebbe in un onda di sorrisi senza fine. All'improvviso sento un colpo al petto e spunta il sole, filtra dalla tenda alla mia sinistra...fuori c'è vento e la primavera spacca l'asfalto, le radici non si tengono più, i germogli chiudono foglie...pugni chiusi che si trasformeranno in carezze per il vento. foglie.

Sto sbocciando, lo sento.

Ieri ho messo un'altro mattone sul ring. All'uscita io vado a sinistra, lei a destra. non mi giro perchè non ne ho bisogno, so che lei c'è e ci sarà per i prossimi mille passi,...questo mi basta.
mi basta per arrivare alla macchina, sedermi tranquillo e correre ad abbracciare il mio bimbo che mi aspetta per far volare l'aeroplanino di carta. Il primo lancio mi ha colpito il pisello. Giulio...Giulio...Giulio...il mio bimbo...il mio fiato....il mio sorriso. Cresce in mia assenza, il suo mondo si costruisce in mia assenza...è quando manco che nel suo giardino spuntano i fiori, è così cazzo!!!! Ieri l'ho capito...io ho piantato alberi nelle assenze croniche di mio padre, mi sono costruito il mio mondo e in quel mondo avevo il mio gatto, i miei pesci, i miei canarini, il mio cane, i miei colori, le mie parole. Quello era il mio mondo, quello è ancora il mio mondo. Me lo sono fatto io, sdraiato sul pavimento a lottare con i soldatini, il capo dei soldati era King Kong, quello era il mio capo, mio padre ci provò una volta a dirmi che i soldati non possono avere come capo un gorilla ma non aveva senso per me...era troppo tardi....King Kong era il mio sergente e il mio sergente rimarrà per sempre.

Giulio ti lascerò lo spazio per piantare i tuoi alberi e aspetterò insieme e te che crescano, li pianterai dove meglio credi, pianterai quelli che preferisci e se vorrai che a guidare le tue macchinine sia una giraffa allora sarà la giraffa a guidare.

06 marzo 2006

02 marzo 2006

300 euro

non ci si vedeva da anni, sapevo che si era separato, che suo padre era stato arrestato per sfruttamento alla prostituzione e spaccio. L'ho rivisto l'altra sera dal dentista...con la sua ex moglie e con suo figlio ormai tredicenne. Ha cambiato lavoro, l'ho visto dalle scarpe sporche di terra, scarpe antinfortunistiche, classiche da muratore. Sulla giacca a vento proprio stampato sul cuore sta scritto il nome della ditta ".....impianti". Hai abbandonato il forno di famiglia, panettiere da un vita, da generazioni e generazioni ti eri costruito un impero. grazie al pane tuo padre ha costruito palazzi che poi ha riempito di prostitute che ha pensato bene di sfruttare anche. La maxi retata di tre anni fa ha fatto crollare ogni mattone, confiscato ogni bene e il pane è diventato duro. Tuo padre dopo un anno l'ho rivisto l'altro giorno girare in bici come uno zombie, gli occhi quasi chiusi, un filo di sguardo assente.

Sei riapparso nei miei sogni questa notte, mi parlavi sorridente dei tuoi primi tempi da separato...passati in una tenda ai bordi di un lago....bambini a tuffarsi, panni stesi in fili tesi da ramo a ramo. Tu, seduto sul bordo del lago a guardare nel vuoto. "spendo 300 euro al mese" mi fai, indicando la cifra con le tre dita, "solo 300 euro".

28 febbraio 2006

24 febbraio 2006

KILLER

I muratori hanno lasciato le assi di legno incustodite...a marcire sui miei fiori. Io che neanche abito più li ogni volta che passavo di li guardavo quelle assi..io che ancora in tasca ho le chiavi del garage...io che nel garage ho ancora la motosega con fare indifferente ho infilato la chiave nella serratura, ho aperto il portone del garege. C'era vento domenica e le nuvole correvano veloci, nessuno in cortile, nessuno alle finestre, solo panni stesi all'aria.
Guardo le assi, studio i passi, mani in tasca traccio il percorso nella mia mente....ho già pensato a tutto. Respiro...respiro e in un attimo sollevo la prima ascia che pesa più del previsto...mi tocca trascinarla, due metri di ascia per una spessore di cinque centimetri, larga più o meno 60 centimetri....la trascino, mi muovo all'indietro sul percorso precedentemente tracciato...arrivo in garage e in un attimo abbasso il portone. La motosega non aspetta altro che affondare i suoi denti.

Domenica pomeriggio.

Le schegge volano ovunque, sui piedi, sul pavimento, sulla mia giacca....e sego, sego, sego...faccio in mille pezzi quell'ascia.
Ripeto così la medesima cosa per le restanti 2 asce...faccio tutto a pezzi. Pulisco, aspiro, scopo e rimetto la motosega al suo posto. Tempo impiegato: 30 min. Il delitto è compiuto.

Non mi resta che dare un colore a quelle asce
ridare occhi a quel legno...ora tocca a voi....
i pennelli fremono.

RAINMAN

un anno fa.

E' passato un anno da quando sono entrato in quella ferramenta, un anno da quando ho parlato con quel commesso dal cappellino blu. Avrà avuto più o meno la mia età, gli anni di cristo, uno più uno meno. Somiglia a un nano lui e fissa, ha lo sguardo fisso, discorsi fissi, prezzi fissi. Un anno fa sono andato da lui a prendere i tappi per imbottigliare il vino, prima di allora non avevo mai messo piede in quella ferramenta, dopo di allora non ci sono mai più rientrato pur passandoci davanti ogni giorno.

Un anno fa uscii da quel negozio con un pensiero "ma come cazzo fa a gestire un negozio?", il commesso è tardo, arriva in ritardo, non sa cosa vende, non sa quanto vende, parla di se agli sconosciuti anche quando gli chiedono tutt'altro. Un anno fa mi parlò della sua casa, del parco vicino a casa sua..."abito nella bassa modenese, stanno costruendo ovunque, faranno un bel parco vicino a casa mia dove potrò portare il mio cane"...fin qui niente di strano se non fosse che ero li per prendere dei tappi per imbottigliare, se non fosse che la mia domanda era "ma sono meglio i tappi in plastica o in sughero?", se non fosse che non l'avevo mai visto, se non fosse che me l'ha ripetuto quattro volte, se non fosse che aveva tutti i sintomi di un autismo avanzato. Niente in contrario con l'autismo, anzi, probabilmente nel suo mondo saprà viverci e saprà camparci, probabilmente a fine mese i conti gli torneranno anche se quel giorno un cliente prima di me gli aveva già fottuto mezza ferramenta.

Oggi piove, stamattina sono ripassato davanti a quel negozio, sempre lui ad alzare la serranda, sempre lui a spostare i gli attrezzi per imbandire il piazzale, scale, vasi, barbecue, zappe, vanghe, tubi, cariole ecc ecc....
Sempre quel pensiero....sempre quella domanda....
"ma come cazzo farà, come è possibile che sia ancora li,....il mio Rainman"

Oggi piove a dirotto e lui spinge il suo carrello pieno di reti in metallo arrotolate, sta aprendo e mi convinco che forse sono io ad andare troppo in fretta, sono io forse a non aver capito che la sua casa con il parco è una cosa davvero interessante da sapere, che quando il suo sguardo si fissa nel vuoto è il momento di pensare e respirare, che quando i clienti gli fottono la roba è un gesto di cortesia, una sorta di benvenuto, che quando i conti non tornano forse non dovevano tornare, che l'importante è ogni mattina avere
una serranda da alzare e ....

un carrello da ribaltare
reti metalliche da riordinare

23 febbraio 2006

SCAPPO di CASA

Venti giorni di fuga e neanche un appello per radio evidentemente mia madre non è neanche una buona padrona perfino per i cani smarriti si fanno appelli per radio ma io no, non ho imparato a leccare bene la mano di chi mi dà da mangiare. E la mia cara mamma mi ha voluto grasso ed eunuco "Non andare con le donne" diceva "hanno il demonio nel ventre io sarò la tua unica donna come il serpente che si morde la coda l’ignoranza nel sesso è la base per vivere felici" Il dottore vicino di casa ammassava quattrini nel suo cappotto di cammello non c’era posto per la mia adolescenza "Il ragazzo deperisce" diceva "saranno gli esami di Stato" ma la mia mente volava ogni giorno sulle gambe della segretaria di scuola. Venti giorni di fuga e neanche un appello per radio e in questo bar sotto casa io mi bevo il mio cappuccino liscio, liscio e il peccato marcisce nella mia cartella di foca tra le calze le mutande le scarpe e il dentifricio. Quella rossa che continua a fissarmi abbracciata al suo uomo sarà così che il diavolo le cova nel ventre quasi, quasi le domando se è vero, non ci sarebbe niente di male "tra persone civili" come diceva la mamma "ci si intende sempre". E allora perché quel suo grosso individuo mi chiama balordo? Vuole spaccarmi la faccia se non mi tolgo fuori dai piedi e intanto il padrone del bar vuole che paghi il mio cappuccino mi coprirò con le braccia la testa come facevo da bambino....

Ivan Graziani

70

DENTE/I = 35;
cariato: dispiaceri e perdite, 44; finto: menzogne e tradimenti, 39; che duole: dispiaceri in famiglia, 35; che trema: situazione incerta, 14; che cade: perdita di persona cara, 13; cavarselo: rottura di rapporti, 70; d'oro: vantaggi economici, 4; di belva; impulsività da frenare, 30; di cavallo: esperienze interessanti, 78; di maiale: ricchezza d'idee, 46; di gatto: vitalità in aumento, 31; di cane: serenità e ottimismo, 58; di pettine: contrasti da superare, 87; lavarseli: donazioni da parenti, 1; lunghi: depressione e malinconia, 38.

22 febbraio 2006

è già qualcosa

opaco il soffitto vorrei avesse le rughe.
e invece non ho neppure un soffitto
solo una scala su cui aspettare.

Sto sulla scala con i cerotti nella schiena e nel cuore,
mi lecco le ferite e preparo il banchetto.
Affilo i denti, mangio unghie,
taglio i capelli, calcio palloni,
conto i lividi e abbraccio i miei compagni,
gli unici a cui sento di voler bene....

quelli che non fanno domande,
quelli che corrono in tondo senza mai fiatare,
quelli che sudano
quelli che nudi sotto docce bollenti
mi passano il bagnoschiuma.

Mi sto rompendo i coglioni.
questo è quanto.
questo è tanto,
questo è già qualcosa...

che mi stia rompendo i coglioni
è già tanto.
tantissimo.

20 febbraio 2006

CRONACHE ANTERIORI

cronache anteriori
polpette di interiora

fu così che rimase solo.
solo a girare in tondo.

anello circolare
legato all'anulare
balla la Lap Dance.

perdo chili
sommo lividi.

17 febbraio 2006

VOLTAREN 50 mg

Quant’era che non stavamo a tavola insieme? tanto...non dico troppo perchè credo non sia mai abbastanza. era solo una considerazione. Solo un pensiero. tutto li. Giro in macchina fino a tardi per evitarti, consumo benzina per non stare li immobile a ingoiare prosciutto e patate...io che da piccolo non vedevo l’ora che tu mi facessi il the la mattina prima di portarmi a scuola...io che speravo che il the non si raffredasse mai, lo volevo sempre bollente...volevo stare li con te, ma tu immergevi sempre la tazza nell’acqua fredda ed ecco che in pochi attimi dovevo berlo...e via, in macchina a scuola e ciao papà.

Ieri stavo crepando di sonno, di fame e per di più ero anche a secco, così mi sono dovuto accomodare al tuo fianco. Tu che mi offri tre tipi di formaggio, tu che dopo 32 anni non sai ancora che il formaggio non mi piace, tu che mi chiedi se le gomme della mia macchina sono consumate quando sai benissimo che vorrei una macchina a pedali con le ruote di legno, tu che cambi canale e mi fai guardare “il patriota”...strano gioco del destino...padre e figlio...tu che mi guardi e mi dici “è suo figlio vero?”

Ingoio tutto alla velocità della luce e sparisco.

14 febbraio 2006

SAN VALENTINA

si disquisisce...

ma la festa è per me mesta.
il ritorno sarà di quelli senza una lira nelle tasche. già lo so,

anche questa notte l'ho passata tra i lacrimogeni.
Mi vedo imbarazzante, mi sento ridicolo al suo cospetto.
non ho potere, non ho poteri,

mi lascio calpestare a fatica io, ma dovrò farlo,
dovrò accettare di aver perso mezzo cuore
mezza corpo, una gamba, un braccio, un occhio.
un passeggero, un piatto a tavola, un respiro nel letto,
una monetina dal portafogli per il posteggio,
un abbraccio, un regalo di compleanno,
un sorriso, un solletico, un calcio, un pugno,
un massaggio, una parola, una lettera,
una domanda, una risposta, un pensiero.

ho raccolto i miei libri sparsi sul pavimento
mi sono portato i piselli da "casa" anzi dal supermercato
li ho cotti e me li sono mangiati.

mi porto la minestra da casa, poi mi accorgo che non ho più una casa.
non ho più una cucina, non ho più un letto,
ho solo una macchina per spostarmi
il tragitto è la mia casa,
lo spazio è la mia casa,
tra me e lei c'è la mia casa.
lo spazio che ci divide è la mia casa...
ecco che passo i giorni a girare
leggo in macchina
dormo in macchina
mangio in macchina.

infilo la chiave nella porta della mia casa che fu e mi accorgo...
che c'è chi conta i miei due capelli lasciati nel lavandino,
c'è chi schioda le mensole che avevo tenuto in piedi miracolosamente per cinque anni,
c'è chi stacca le foto, c'è chi stacca i miei quadri...
un pezzo alla volta c'è chi perde i miei pezzi.

...e pensare che nel suo giardino dieci anni fa piantai una pianta di rose...
quest'anno come ogni anno il primo fiore sarà per lei.

10 febbraio 2006

morì mio nonno che io stavo giocando con i soldatini sul pavimento, il capitano difendeva il suo reggimento, mentre mia madre piangeva la morte del padre...avevo più o meno dieci anni e la morte del nonno la vissi trasversalmente...nelle lacrime di mia madre capii che la perdita di un padre è come la perdita di un braccio...di una gamba...di una mano.
per me era come la perdita di un reggimento...la mia battaglia era persa, quella sera perdemmo tutti...nonno compreso.

Lo scorso anno ho visto sparire la nonna e pochi mesi fa l’altro nonno...io c’ero, c’ero sempre. Li ho visti sparire, li ho vegliati, ho tenuto le loro mani calde... nello stesso campo di battaglia mi ritrovo sempre a contare i superstiti, vivo tutto come allora, mentre i miei soldati lottano in prima fila io sto seduto a pensare a quanto sia pesante la perdita di un reggimento di affetti.

Il mese scorso un mio caro amico ha perso il fratello, il mio allenatore ha perso lo zio e oggi un altro mio caro amico ha perso il padre.

I reggimenti se ne vanno...cadono sotto il fuoco nemico...il pavimento si fa ghiacciato, soprattutto d’inverno e allora mi alzo e scrivo.

scrivo una lettera
chiedo rinforzi.
chiedo aiuto.

qui stiamo cadendo ad uno ad uno.

non riesco a togliermi dalla testa il pensiero d’aver perso i miei uomini.

Guardo mia madre che è rimasta senza genitori, senza braccia, senza gambe eppure cammina eppure mi abbraccia ancora.
Guardo mio padre che ha perso un braccio eppur continua a vivere.
Guardo il mio esercito senza braccia e senza gambe eppur continua a lottare.

Penso a voi
mutilati negli affetti
eppur vivi