30 marzo 2007


gli angeli volano tra le nuvole, si sfiorano le mani guardandomi, rallentati battiti di ali, paffuti dai capelli d'oro e dalla pelle rosa volano. ne voglio uno, uno tutto per me, che stia vicino a me, nei sogni fratello, coperta per il freddo, scudo per ogni attacco. cosa c'è di consolante nel pregare, nel dare l'anima a qualcuno che non esiste.

devo farmi curare

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29 marzo 2007

canto a squarciagola in macchina mentre le colline spariscono una dopo l'altra...e poi i ciottoli e poi il ponte e poi la curva e poi il campanello. suono, suono, nessuna risposta, niente, nessuna risposta. altro campanello. "chi è?" "sono chicco, c'è la ...?"
"si" e la porta si apre.

faccio le scale seguendo quella tuta sporca di colore, si trascina, mi trascino, in tasca avevo un sorriso grande come una casa, la seguo e metto in tasca anche il desiderio di un sorriso ricambiato, mi tocca seguirla e tenermi tutto in tasca, sogni desideri e sorrisi, si spegne tutto. tutto.

mi guarda, la guardo, il cuore mi batte a mille sotto il maglione, cerco di sorridere ma vorrei piangere, sento già che mi si gonfiano gli occhi...chiedo "posso andare in bagno" "si vai pure". in bagno non dovevo fare niente, se non nascondere un pacco nella doccia, dentro il pacco tre libri, due cd duplicati, tante parole e un disegno. due vecchi su una panchina. appoggio il pacco e manco faccio finta di aver pisciato, esco subito e mi dico "magari mi becca, ci ho messo troppo poco" e invece manco se ne accorge che in bagno sono stato 20 secondi e ne l'acqua è uscita da un rubinetto, ne lo sciaquone si è tirato. niente. passo oltre e pregusto il niente ma vado avanti. mi guardo attorno, scopro che la casa a fianco è stata finita, già ci abitano, scopro che il frigo rimane vuoto. mi guardo attorno.

parlo io, solo io, come sempre, l'abbraccio io, come sempre, sempre solo io, la stringo e la annuso, mi mancava tanto, mi manca tanto. scendono lacrime tra parole strozzate in gola, mi sento fuori posto, fuori posto come quando squilla il suo telefonino e lei non risponde, anzi mette giù...tempo dieci secondi e arriva un messaggio. lo so era lui. lo so, lo sento. mi sento nel posto sbagliato con mille sorrisi strozzati e un cuore da grattare.

piango e scopro di avere le ghiandole vuote, mi espoldono gli occhi, le esplodono gli occhi. non volevo quello, io non volevo tutto quello. me ne vado. in ritardo me ne vado.
mi apre la porta ed esco salgo in macchina, prendo il telefono e scrivo "prima di fare la doccia togli il pacco"...nessuna risposta, solo due sms, uno per chiedermi se avevo io un album di sua mamma, l'altro per ricordarmi che dentro di lei c'è un buco e che solo lei può capire il perchè di tante lacrime.

del pacco niente...ero andato la per quello, per un abbraccio, per guardarle gli occhi. mi umilio ancora e chiedo del pacco..."si l'ho già aperto, grazie" basta, tutto li.

scopro di non avere la bacchetta magica, scopro di essere un coglione ad amare una persona che sta già con un'altro. non lo faccio apposta a sentirti ancora un po' mia. non lo faccio apposta, lo dico a me perchè è a me che faccio del male. E' chiaro mi hai allontanato per un motivo, c'è un'altro e lo so, te l'ho strappato dalle labbra io eppure nn mi basta. non mi basta quello così continuo ad umiliarmi.

non mi vuoi più, non ti servo più e io mi sento inutile. eri l'unica cosa che volevo, ti ho voluta talmente tanto da mollare tutto per poter stare con te. mi sono innamorato. questa ora sembra una colpa. non voglio le tue lacrime, voglio i tuoi sorrisi e allora stai con il tuo nuovo ragazzo. ora è tutto per lui, il tuo tempo libero, i tuoi giochi, i tuoi baci, le tue carezze. io non ci sono più, io sono spettatore del tuo nuovo amore. spettatore morente.

darò un calcio io alla sedia che ho sotto i piedi, aspetterò che la corda mi si stringa al collo fino a perdere tutto. memoria desideri voglie sogni e speranze. lo farò io. così non posso stare.

così muoio vivendo.

saperti di un'altro mi uccide.

27 marzo 2007

...sarà che in un giorno ho fatto una torta alle fragole, tre pizze e un gnocco. sarà tutta quella farina e quelle uova sbattute...sarà per quello che giulio la prima domanda che mi ha fatto è stata.. "papà ti sei ricordato di prendere le uova?"
cazzo, ha ragione, ho finito le uova, il mio assitente ha ragione, mi ricorda di dare la mela ai canarini, controlla l'orto e che le piantine dei pomodori siano ben coperte, controlla che il prezzemolo sia spuntato.

a me due tappini verdi Heineken, a lui due tappini rossi di coca cola, un cricco io e un cricco tu. forza giulio altrimenti vinco io!!

oggi c'è silenzio
ieri sono crollato sul divano alle nove, sotto un panno mi sono lasciato dormire.

c'è qualcosa di strano

23 marzo 2007

21 marzo 2007

mi tocco le mani, mi sfioro le dita, dita nelle dita, pensieri che sfuggono ritornano e si piantano come spine nei miei palmi. nel mio cuore. lascio in un angolo tutto e cerco di crescere. l’ho fatto da quando sono nato, ho sempre cercato di farlo e lo farò ancora...ci sono momenti in cui però si cresce più in fretta, in cui si è obbligati a crescere, in cui non ci sono vie di fuga, in cui si deve capire, in cui si capisce. ho sempre cercato di capire, come ho sempre cercato di crescere, non ho mai voluto il male di nessuno, mai. la vita oggi corre, deve correre. oggi sento di poter sfruttare questo male per capire in che direzione crescere, non che sia la cosa più semplice del mondo, anzi...credo sia la più difficile. la direzione in cui crescere, la strada da prendere...

...ci sono strade in cui è difficile camminare, ci sono divani scomodi su cui sedere, cuscini troppo duri per poter riposare. questa è la vita, queste sono le cose che ci troviamo di fronte, strade, case, cieli neri, prati fioriti, tavole apparecchiate, sedie in paglia e altre dalle sedute in legno, file alle casse, semafori verdi che diventano rossi immediatamente, folate di vento che ci prendono alla gola, vetrine che non cambieranno mai, ci sono posizioni che non cambieranno mai, scelte, desideri, voglie, paure incondizionate. paure, silenzi e mancanze senza padri ne madri.

ci sono vuoti che nemmeno chi ha le parole per riempirli potrà mai riempire...sembra complicato ma non lo è. E’ tutto molto più semplice se mi fermo un attimo e mi accorgo di tutto quello che ho perso, può sembrare semplice ma non lo è, e tutto diventa il contrario di tutto, quello che sembrava semplice si fa complicato e viceversa, è forse l’ultimo degli stadi...quello di accorgersi di non aver più niente quando si allunga la mano la notte e ci si accorge di essere soli...così è tutto più semplice, ma purtroppo è così, purtroppo non me ne sarei mai accorto, purtoppo non sarei mai cresciuto se fossi rimasto nel mio limbo, nelle mie solite mancanze, nel mio scomodo vivere a disagio ovunque, nella mia mancanza cronica di un letto su cui poter dormire comodo, protetto. sono buchi, buchi che non avrei mai riempito e avrebbero sempre fatto del male a chiunque.

l’essere sempre scappato da casa a qualsiasi ora, l’odiare il pomeriggio e quella maledetta ora di riposo pomeridiano, quel maledetto istinto di seguire il sole appena cominciava a filtrare dalle tapparelle, quel divano sempre scomodo, quel piatto in cui ho mangiato solo per sfamarmi, quella tavola tanto odiata, quella casa tanto odiata mi ha fatto crescere come un elastico che mi ha ricacciato da qualsiasi tana, anche quella che mi ero costrutito io in tanti anni...15 anni ci ho impiegato per costruirmi quell’angolo di vita e quando l’avevo tra le mani non sono riuscito a viverlo. l’ora pomeridiana è sempre rimasta l’ora dell’odio, la tavola è sempre rimasta una tavola di legno, il letto è sempre stato scomodo, il cuscino sempre troppo duro, troppo alto.

20 marzo 2007

sdraiato sul divano fisso la tenda e quel filo di luce che cerca di entrare, ho i crampi allo stomaco. odio il pomeriggio perchè è il momento più stanco della giornata, perchè il pomeriggio non sono mai riuscito a dormire neanche da piccolo.
mi lascio andare, provo a non pensare a quanto non mi piaccia la mia vita, provo a non pensare a quanto mi senta solo, provo a trovare le forze per andare avanti, cerco di riposare ma faccio fatica, i crampi e gli incubi non mi lasciano in pace, ci si mette anche la febbre che da 38 sale a 39. giulio vuole giocare ma io vado in bagno a vomitare, giulio mi segue e mi guarda dalla porta, mi dice "papà vado un attimo in camera, tra un po' torno"... "si si giulio stai tranquillo, il papà sta meglio".

con la nausea preparo i broccoli e la salsiccia a giulio, mi tappo il naso e cucino. apparecchio, un bicchiere, un piatto, un cucchiaio e ripenso a quando ero piccolo io, a quando ero malato e la mia mamma mi faceva trovare tutto pronto, a quando il mio papà mi portava a casa topolino, penso a chissà quante volte la mia mamma ha dovuto andare oltre al suo male per starmi vicina.

ora tocca a me, sono io il papà, ci sono io, solo io e quindi vado avanti, cerco di non pensare al mal di testa, ai brividi, al vomito, ai crampi allo stomaco...e faccio. gioco con giulio, stendiamo in salotto tre panni a terra proprio sul tappeto, otto cuscini e ci tuffiamo, "che bello papà, mi piace tanto".

13 marzo 2007

verde il prato, verde la mia maglia, verdi le mie braghe, il vento leggero, e cento ulivi piantati da poco. piccoli ulivi dalle foglie verdi. io voglio quello, non voglio più lacrime, io voglio parlare di cocinelle, di fili d'erba, voglio dormire sui prati al sole. voglio far l'amore.

12 marzo 2007

tieniti stretto la tua felicità..
sorridi alla tua ombra e insegui le cocinelle, tra i fili d'erba se ne nascondono tante. con semplicità devia il pensiero e tutto quello che era per voi ora sarà solo per te.

custode di sorrisi
geloso e premuroso
accarezza l'idea di tornare a vivere per te. solo per te.
hai sorrisi troppo grandi che sarebbe un peccato chiuderli tra i denti.

abbraccia gli alberi che germogliano ogni primavera,
a dispetto degli anni, perdono foglie ma poi ritornano verdi,
ritornano i fiori e poi le albicocche e poi le pesche.

il tempo ti ridarà tutto, restituirà i suoi sorrisi,
il tempo farà giustizia, di questo ne devi essere certo.

di questo ne sono certo.

p: come va?
i: va

P: hai bisogno di soldi?
i: no no
p: meglio così, perchè non ne ho.

stamattina la sedia era spostata, nella stessa posizione in cui l'hai lasciata. tre minuti per dirmi...

p: dai, tiin bota, prèma o poi et turnarè a stèer bein.
i: ...........................
p: a vagh a cà.
i: ok, ciao.



i: avrei voluto dirti che oggi ho fatto 200km per vedere lacrime e sorrisi, per riempire i miei occhi, per imparare che non tutti credono in dio, che c'è chi si è sposato anche tre volte e l'ultima è peggio della prima e che la seconda era meglio dell'ultima, per sentire che un romanzo lo si scrive isolandosi da tutto e tutti in luoghi lontani dagli affetti dove l'unico rimedio alla morte è la storia che nasce tra le righe di un quaderno...in alberghi sperduti dove si tengono solo congressi di dentisti. ho scoperto che la perdita di un amico lascia cicatrici e fa piovere lacrime asciugate da una sciarpa. che il dialetto è ironia e vita. che la gioia sta nel mio zaino, e più lo zaino è vicino al cuore e più sono felice. io e il mio zaino in giro tra le colline, nel buio dei sottopassaggi tra pozze senza riflessi.

tornerò
tornerò

ciao papà
poche parole.
era un anno che perdevo pezzi di te...

silenzio e penso.

ricollego....

un anno, fammi pensare...un anno.
ma io un anno fa cosa facevo?

Ah ecco, io un anno fa mollavo tutto per stare con te, perdevo tutto, soldi casa attimi con mio figlio, tornavo a vivere dai miei nell'inferno da cui ero scappato, perdevo ogni cosa. un anno fa io perdevo tutto cadendo in un buco profondo un anno, un buco di sofferenze, un buco tappato da psicologi, mediatori, avvocati e chi più ne ha più ne metta. ma non potevo dimenticare il male che stavo facendo, io non dimentico chi ho lasciato, come l'ho lasciato. mi sono assunto le mie responsabilità, caricato in spalla tutte le sofferenze e cercato di fare del mio meglio...visto che di peggio non potevo fare.
ero innamorato di te.

un anno all'inferno sperando di averti vicina, e invece oggi stai con un'altro e mi lasci poche parole che ti ho strappato di bocca io. Sto con lui, ci scriviamo, usciamo, parliamo di tante cose e scopiamo...ma sia chiaro per me il sesso non ha importanza....

pausa.

quindi?

un anno fa mentre io morivo per te tu te ne aandavi dicendomi che mi amavi, oggi stai con un'altro scopandoci dicendo che per te il sesso non ha importanza.

senza parole.
senza parole.

09 marzo 2007

felice dui essere onesro xon me syesso

08 marzo 2007

si china e raccoglie un riflesso nella pozzanghera, scalda le mani e scrive, nella mente posto non ce n'è più nel cuore nemmeno. il circolo si sta per finire, i muratori hanno quasi ultimato i lavori...i bimbi quest'estate non dovranno più emigrare in altri parchi. l'aria la mattina è sempre più calda, chiudo la porta e aspetto la ventata fredda e invece ogni mattina mi solleva sapere che la prima carezza è calda. apro le finestre e respiro il sole. il the fuma nella tazza, spremo l'arancia e sento disordine dentro, disordine, c'è disordine. cerco una mosca da liberare, è una soddisfazione aprire le finestre e vederla volare via.

07 marzo 2007

piccolo con il muso affondato nel cuscino, sensibilità da affinare, debolezze da rafforzare, parole per respirare e lacrime per crescere. sempre così...è sempre stato così. oggi è tornato il silenzio, da un po' è tornato lui a farmi da compagno, un cuscino in cui cullare le sofferenze...sempre quelle. il papà sta con l'ucraina, l'ho vista più di una volta scappare dalla porta secondaria dell'officina, papà ha preservativi sparsi qua e la. papà dalle mani grandi lo vedo in giro spesso. "eppure tu lo sapevi.. lo sapevi che ero diverso, lo sapevi che valigia pesante avevo da portarmi apresso"..il papà lo vedo spesso, si, si che lo vedo. e la mamma? la mamma è sempre in casa a guardare la tele, alle otto e mezza le si chiudono gli occhi e per qualche ora non ci pensa più, non pensa più ai suoi sorrisi persi, alla sua vita persa.

christian sei uno stronzo!
e perchè mamma?

perchè non vai da tuo padre a dirgli che è uno stronzo a stare con l'ucraina, la badante di tua nonna!! mia mamma...ti rendi conto?
Si mamma mi rendo conto, ma che cazzo ci posso fare io.
lui è tuo marito e tu sei sua moglie. io avevo una moglie e ora non l'ho più...io l'ho persa mamma! mi ero innamorato di un'altra ragazza e ho perso tutto, anche quella ragazza che ora sta con un'altro. che cazzo me ne frega se papà si scopa l'ucraina. scusa mamma ma non me ne frega un cazzo. tanto papà non c'è mai stato. non ti ha mai detto niente lui, lui non c'era e basta, tu tacevi e basta, non che io abbia fatto di meglio, ho confessato il mio amore per un'altra, ho perso mia moglie e l'altra. mamma mi sono innamorato due volte in vita mia. solo due volte. ma sono bastate

e affonda il muso nel cuscino. si scrive per sopravvivere qui. in questo posto si scrive per liberare scaffali. intanto in piazza i vecchi parlano di calcio e il mondo va avanti, la sorella 83enne di mio nonno mi faceva il piedino sotto il tavolo e truccata come Moira Orfei ammmiccava ad ogni mio sguardo...ah benedetta Giovanna, vedova da 40 anni, hai perso un figlio di 23 anni e due fratelli giovani....ah Giovanna che coraggio che hai...sei fantastica. Il nonno fischiava quanto fischiano i tuoi piedi sotto il tavolo, i tuoi occhi brillano come le stelle, sei tutto il bello di questa vita. raccontami ancora di quando andavi a ballare col nonno e lui da bravo fratello ti trovava il fidanzato giusto.

mi torna in mente tutto, quando sento di aver perso tutto scopro di avere sempre quel cuscino ad aspettarmi. maledetta solitudine, solo in quei momenti sento di vivere veramente, solo quando sfioro la fine sento di poter tornare a vivere.

più forte
avevo dimenticato la fragilità del girare a vuoto sotto l'acqua, la fragilità del sentire i nervi scoperti, il cuore al freddo, gelato e in cerca di coperte. in un lampo mi sono rivisto sui banchi di scuola, le scuole erano quelle elementari e io avrò avuto più o meno quell'età li...dai! quell'età li...e quale? dai più o meno 10 anni, forse otto, non ricordo insomma. Ero piccolo e con i nervi scoperti, insicuro nel vedere simone giocare a calcio e fare sempre gol. non è la solita storia del brutto anatroccolo mi ripetevo, io non lo sono brutto, ma strano si. quel senso di instabilità congenita, quel senso di scossa continua ai piedi, alle braccia, quelle formiche nelle mani quelle cocinelle nel barattolo. raccoglievo cocinelle mentre simone giocava a calcio e segnava in barba a tutti quelli che cercavano di strappargli la palla. simone era elegante, capello mosso e nero, un po' lungo, sempre ben vestito, alla moda, ricordo quello, i suoi vestiti che già erano alla moda o forse no erano semplicemente belli, mi piacevano forse, ma mi accontentavo dei miei...anzi quelli di mio cugino di quattro anni più grande di me. mio cugino finito con una siringa nel braccio...lui si che mi piaceva, ma questa è un'altra storia.

dicevo che avevo dimenticato la fragilità, dopo 10 anni di fidanzamento e 5 di matrimonio avevo dimenticato di essere stato un diverso. le cocinelle nel barattolo non ci sono più, negli anni ho chiuso canarini in gabbie, coltivato orti, raccolto pomodori, dipinto quadri...io che alle elementari ricalcavo i disegni e nemmeno la maestra se ne accorgeva, oggi mi dico...ma come cazzo faceva a non accorgersene? come fai a non riconoscere un disegno ricalcato? come fai? eppure....ero il più bravo, copiavo alla perfezione, lasciando qualche imprecisione tanto per non dare troppo nell'occhio, alla fine promosso all'esame di terza media con "appena sufficiente" e tanto di giudizio...."suo figlio potrà fare al massimo una scuola professionale, meglio se artistica" e così fu.

avevo dimenticato quel senso di doppia fila che mi perseguita da un vita, sentirmi spostato, al bordo, al limite, sul ponte del traghetto con il mare mosso. ricordo pomeriggi passati a cercare siringhe piantate negli alberi, attimi di vita distrutta, ricordo il vuoto da riempire, ricordo in ordine Giorgia all'asilo, Silvia alle elementari, Barbara, Sabrina alle medie e Francesca, Simona alle superiori, non potrò mai scordare Valentina e Federica poi. Ricordo sempre lo stesso vuoto da riempire, lo stesso barattolo di cocinelle. Ricordo Enzo e il primo deragliamento.

avevo dimenticato quel vuoto, quelle mille domande a cui dare risposte, quel muro, quella mensola, quella scrivania, ricordo le parole piantate nel foglio e poi di nuovo in bici a girare, le finestre aperte in estate e il mio orecchio teso a sentire quello che accadeva in casa degli altri, melanzane alla parmigiana facevano sempre i miei vicini di casa. la Gina da Perugia, Bruno da Assisi e la Giuseppina che non poteva avere figli poi un giorno è rimasta incinta di Enzo.

Avevo dimenticato quel vuoto preso come sono stato a crescere, a vivere, a dare, ad avere, a girare, a lavorare, ad amare. avevo dimenticato di essere diverso, con un buco nel cuore e uno nello stomaco. Ad un certo punto della mia vita ho riempito i vuoti, qualche buona anima ha cercato di riempire quei buchi perdendo tempo, perdendo energie, perdendo forze....ma mai, mai mai ho sentito il pieno. mai. erano attimi, secondi rubati agli orgasmi e poi di nuovo in bici ad inseguire la mia ombra....e mai il contrario. il sole sempre alle spalle.

ho dimenticato come da vuoto mi son sentito pieno, come da vuoto ho riempito per poi vuotarmi di nuovo.
dopo 33 anni sono da capo e l'avevo dimenticato.
dimenticato di dover crescere
è li che sta il vuoto...
nel crescere.

il pieno è un attimo, poi arriva l'autunno e le foglie cadono.
l'avevo dimenticato

la peggior specie

ogni sera chiudo gli occhi e ti maledico.
ogni mattina apro gli occhi e ti maledico.
sempre, sempre così.

non meriti niente di quello che hai, niente.
eppure ti ho anche salutata
e ancora non mi spiego il perchè.
vorrei sfogare su di te la mia rabbia e la mia delusione
ma scappi

come sempre scappi con la coda tra le gambe e non solo...
sai fare solo quello.

ma prima o poi ti riprendo
e spero di sfogarmi davvero.

puttana
sei solo una puttana.

vorrei dirtelo in faccia
ma la tua agenda è sempre piena.

piena di appuntamenti, di abbracci, di cazzi da prendere,
piena di parole dolci, piena di gente a cui leccare il culo,
da cui farsi leccare il culo, sei capace solo a fare quello...
...farti leccare il culo e non solo.

davanti a tanto amore cambi strada.

e poi ci ripenso e credo che le puttane abbiano un cuore,
quindi non sei neanche quello. loro hanno il coraggio di essere, di dare,
di farsi vedere, hanno il coraggio di guardare negli occhi le persone.

tu giri a testa bassa e scappi.

la verità ti fa male ma evidentemente hai davvero un buon istinto di sopravvivenza...ma buono buono
perchè io se fossi in te sparirei da questa terra, prima di andare in giro a fare altri danni.

non sei niente, non hai neanche la dignità,
e allora che cazzo ci stai a fare su questa terra?

che cazzo ci stai a fare? se non puoi guardare nessuno negli occhi. non sai cosa ti perdi.

opportunista del cazzo ecco cosa sei.
opportunista del cazzo.

senza allusioni ma proprio nel senso letterario del termine.

vorrei regalarti un bambolo gongiabile con tanto di cazzo e la tua faccia così raggiungi il massimo dell'orgasmo.
scoparti da sola, il massimo dell'ego.

ma neanche quello basterebbe,
perchè un bambolo mica puoi farlo soffrire.
mica lo fai piangere un bambolo.
e se poi ride?
allora si forse ti piace ma poi ti stanca,
ma forse avendo la tua faccia magari non ti stanca,
e se poi lo vuoi vedere con gli occhi azzurri?
se poi non è un dj?
se poi non beve birra?
se poi non ti dice che sei bella?

come cazzo facciamo?

beh allora a quel punto basta uno spillo e il bambolo sparisce.

dai adesso sarai felice
sei tornata in pista a fare danni.

fuori uno fuori due e adesso sotto un'altro.
basterebbe dire a tutti che non hai un cuore per crescere e invece no...
continuerai a succhiare cazzi predicando amore.

01 marzo 2007

scrivere cosa e per chi. scrivere per sopravvivere non esiste. esiste scrivere per essere ciò che si è. scrivere perchè qualcosa non ci sta più. scrivere perchè sì, senza domande ne scuse, senza giri di parole, senza punti ne mezze verità, senza silenzi, senza spazi senza virgole senza punti. così.
papà dove vai? papà il cavallo sta bevendo dal pozzo, e torna sempre quella parola, Pozzo. papà salvalo!, arriva l’asino e pure lui cade nel pozzo. tutti nel pozzo. poi il leone che ha la criniera dritta dalla rabbia perchè suo figlio non obbedisce e fa sempre di testa sua. esiste che io stia seduto di fronte a mio figlio e giochi con lui. quello esiste. quello è vero e quello scrivo. il leone che salva suo figlio dall’annegamento esiste, esiste perchè io mi tuffo e lo salvo. tutto vero. io mi butterei nel pozzo per salvare mio figlio, senza pensare lo farei, ci sono poche cose che farei senza pensare, pochissime. le mie dita ora camminano in bilico sul piatto, giulio ride perchè cado su una fetta di prosciutto. giulio non sai quanto male ho dentro. non lo immagini neanche, non lo puoi neanche immaginare quanto il tuo papà sia stato umiliato nei sentimenti, nel cuore, nei sogni. possibile che tu non mi veda?, che tu non mi senta?, possibile che tu non veda il tuo papà annegare? possibile che io sia così bravo a sorridere piangendo. mi si riempiono gli occhi di lacrime e sgocciolo sul piatto tra un sorriso e un respiro profondo. è possibile?, si è possibile e allora lo scrivo.
giulio passa il tempo e il tuo papà diventa grande, tu diventi grande, passano i giorni e tu diventi più forte, tutti lo diventiamo...io ho smesso di vivere. per un po’ ho smesso di vivere per me e ho vissuto solo per te, ho cercato di tenerti in piedi nei primi passi, ti ho spinto a terra per poi farti rialzare, ti ho pensato tanto nei giorni in cui ero per forza lontano da te, ho scritto di te, ho scritto e disegnato i tuoi occhi. intanto i cavalli diventavano zoppi, le macchinine perdevano le portiere, i pesci non stavano più a galla e i palloncini si sgonfiavano. tu hai smesso di andare a gattoni e hai consumato le scarpine rosse e poi quelle gialle.
ho vissuto tutto, tutto dentro le mie sbarre e di tanto in tanto una scala da lavare mi riportava fuori dalla tana, vetri da far splendere, maglioni da piegare, padelle da sciacquare detersivi da far diventare bolle in un secchio...e via di mocio vileda. ho pulito la scala, la mia scala e quella degli altri e non sai quante volte ho trovato cicche spente nel sottoscala, nascoste, finite a terra da chissà quale mano. quante volte la mattina mi sono svegliato cercandoti nel cuscino a fianco al mio. tutto si mescolava e tutto era tanto, tutto. cercavo di farlo piccolo ma diventava sempre di più, una sull’altra si ammucchiavano le mancanze, le privazioni, gli svaghi, i sorrisi hanno lasciato il posto alle lacrime. tante volte ho sbattuto la testa sul vetro della doccia. tente volte ho fatto la doccia alle quattro di mattina per farmi scivolare via il male di dosso. tante docce, tanti disegni, tanti sogni, tanti baci, tanti abbracci e poco spazio.
lo spazio si è via via ristretto quasi sparito, ho chiuso porte portoni finestre e balconi. tutto. ho chiuso gli occhi e sperato di dormire e invece dovevo stare sveglio e lavorare, soldi da guadagnare, affitto e bollette da pagare, spesa da fare, e un freno a mano che ad un cero punto della mia vita ho smesso di tirare...così ho trovato la macchina in mezzo alla strada più di una volta. anche la macchina ho lasciato andare, anche quella insieme ai ricordi che tenevo nel baule. racchette da ping pong, fresbee, carte da ramino e da pinnacolo, libri, fogli, il passeggino e la palla. tutto.