28 febbraio 2006

24 febbraio 2006

KILLER

I muratori hanno lasciato le assi di legno incustodite...a marcire sui miei fiori. Io che neanche abito più li ogni volta che passavo di li guardavo quelle assi..io che ancora in tasca ho le chiavi del garage...io che nel garage ho ancora la motosega con fare indifferente ho infilato la chiave nella serratura, ho aperto il portone del garege. C'era vento domenica e le nuvole correvano veloci, nessuno in cortile, nessuno alle finestre, solo panni stesi all'aria.
Guardo le assi, studio i passi, mani in tasca traccio il percorso nella mia mente....ho già pensato a tutto. Respiro...respiro e in un attimo sollevo la prima ascia che pesa più del previsto...mi tocca trascinarla, due metri di ascia per una spessore di cinque centimetri, larga più o meno 60 centimetri....la trascino, mi muovo all'indietro sul percorso precedentemente tracciato...arrivo in garage e in un attimo abbasso il portone. La motosega non aspetta altro che affondare i suoi denti.

Domenica pomeriggio.

Le schegge volano ovunque, sui piedi, sul pavimento, sulla mia giacca....e sego, sego, sego...faccio in mille pezzi quell'ascia.
Ripeto così la medesima cosa per le restanti 2 asce...faccio tutto a pezzi. Pulisco, aspiro, scopo e rimetto la motosega al suo posto. Tempo impiegato: 30 min. Il delitto è compiuto.

Non mi resta che dare un colore a quelle asce
ridare occhi a quel legno...ora tocca a voi....
i pennelli fremono.

RAINMAN

un anno fa.

E' passato un anno da quando sono entrato in quella ferramenta, un anno da quando ho parlato con quel commesso dal cappellino blu. Avrà avuto più o meno la mia età, gli anni di cristo, uno più uno meno. Somiglia a un nano lui e fissa, ha lo sguardo fisso, discorsi fissi, prezzi fissi. Un anno fa sono andato da lui a prendere i tappi per imbottigliare il vino, prima di allora non avevo mai messo piede in quella ferramenta, dopo di allora non ci sono mai più rientrato pur passandoci davanti ogni giorno.

Un anno fa uscii da quel negozio con un pensiero "ma come cazzo fa a gestire un negozio?", il commesso è tardo, arriva in ritardo, non sa cosa vende, non sa quanto vende, parla di se agli sconosciuti anche quando gli chiedono tutt'altro. Un anno fa mi parlò della sua casa, del parco vicino a casa sua..."abito nella bassa modenese, stanno costruendo ovunque, faranno un bel parco vicino a casa mia dove potrò portare il mio cane"...fin qui niente di strano se non fosse che ero li per prendere dei tappi per imbottigliare, se non fosse che la mia domanda era "ma sono meglio i tappi in plastica o in sughero?", se non fosse che non l'avevo mai visto, se non fosse che me l'ha ripetuto quattro volte, se non fosse che aveva tutti i sintomi di un autismo avanzato. Niente in contrario con l'autismo, anzi, probabilmente nel suo mondo saprà viverci e saprà camparci, probabilmente a fine mese i conti gli torneranno anche se quel giorno un cliente prima di me gli aveva già fottuto mezza ferramenta.

Oggi piove, stamattina sono ripassato davanti a quel negozio, sempre lui ad alzare la serranda, sempre lui a spostare i gli attrezzi per imbandire il piazzale, scale, vasi, barbecue, zappe, vanghe, tubi, cariole ecc ecc....
Sempre quel pensiero....sempre quella domanda....
"ma come cazzo farà, come è possibile che sia ancora li,....il mio Rainman"

Oggi piove a dirotto e lui spinge il suo carrello pieno di reti in metallo arrotolate, sta aprendo e mi convinco che forse sono io ad andare troppo in fretta, sono io forse a non aver capito che la sua casa con il parco è una cosa davvero interessante da sapere, che quando il suo sguardo si fissa nel vuoto è il momento di pensare e respirare, che quando i clienti gli fottono la roba è un gesto di cortesia, una sorta di benvenuto, che quando i conti non tornano forse non dovevano tornare, che l'importante è ogni mattina avere
una serranda da alzare e ....

un carrello da ribaltare
reti metalliche da riordinare

23 febbraio 2006

SCAPPO di CASA

Venti giorni di fuga e neanche un appello per radio evidentemente mia madre non è neanche una buona padrona perfino per i cani smarriti si fanno appelli per radio ma io no, non ho imparato a leccare bene la mano di chi mi dà da mangiare. E la mia cara mamma mi ha voluto grasso ed eunuco "Non andare con le donne" diceva "hanno il demonio nel ventre io sarò la tua unica donna come il serpente che si morde la coda l’ignoranza nel sesso è la base per vivere felici" Il dottore vicino di casa ammassava quattrini nel suo cappotto di cammello non c’era posto per la mia adolescenza "Il ragazzo deperisce" diceva "saranno gli esami di Stato" ma la mia mente volava ogni giorno sulle gambe della segretaria di scuola. Venti giorni di fuga e neanche un appello per radio e in questo bar sotto casa io mi bevo il mio cappuccino liscio, liscio e il peccato marcisce nella mia cartella di foca tra le calze le mutande le scarpe e il dentifricio. Quella rossa che continua a fissarmi abbracciata al suo uomo sarà così che il diavolo le cova nel ventre quasi, quasi le domando se è vero, non ci sarebbe niente di male "tra persone civili" come diceva la mamma "ci si intende sempre". E allora perché quel suo grosso individuo mi chiama balordo? Vuole spaccarmi la faccia se non mi tolgo fuori dai piedi e intanto il padrone del bar vuole che paghi il mio cappuccino mi coprirò con le braccia la testa come facevo da bambino....

Ivan Graziani

70

DENTE/I = 35;
cariato: dispiaceri e perdite, 44; finto: menzogne e tradimenti, 39; che duole: dispiaceri in famiglia, 35; che trema: situazione incerta, 14; che cade: perdita di persona cara, 13; cavarselo: rottura di rapporti, 70; d'oro: vantaggi economici, 4; di belva; impulsività da frenare, 30; di cavallo: esperienze interessanti, 78; di maiale: ricchezza d'idee, 46; di gatto: vitalità in aumento, 31; di cane: serenità e ottimismo, 58; di pettine: contrasti da superare, 87; lavarseli: donazioni da parenti, 1; lunghi: depressione e malinconia, 38.

22 febbraio 2006

è già qualcosa

opaco il soffitto vorrei avesse le rughe.
e invece non ho neppure un soffitto
solo una scala su cui aspettare.

Sto sulla scala con i cerotti nella schiena e nel cuore,
mi lecco le ferite e preparo il banchetto.
Affilo i denti, mangio unghie,
taglio i capelli, calcio palloni,
conto i lividi e abbraccio i miei compagni,
gli unici a cui sento di voler bene....

quelli che non fanno domande,
quelli che corrono in tondo senza mai fiatare,
quelli che sudano
quelli che nudi sotto docce bollenti
mi passano il bagnoschiuma.

Mi sto rompendo i coglioni.
questo è quanto.
questo è tanto,
questo è già qualcosa...

che mi stia rompendo i coglioni
è già tanto.
tantissimo.

20 febbraio 2006

CRONACHE ANTERIORI

cronache anteriori
polpette di interiora

fu così che rimase solo.
solo a girare in tondo.

anello circolare
legato all'anulare
balla la Lap Dance.

perdo chili
sommo lividi.

17 febbraio 2006

VOLTAREN 50 mg

Quant’era che non stavamo a tavola insieme? tanto...non dico troppo perchè credo non sia mai abbastanza. era solo una considerazione. Solo un pensiero. tutto li. Giro in macchina fino a tardi per evitarti, consumo benzina per non stare li immobile a ingoiare prosciutto e patate...io che da piccolo non vedevo l’ora che tu mi facessi il the la mattina prima di portarmi a scuola...io che speravo che il the non si raffredasse mai, lo volevo sempre bollente...volevo stare li con te, ma tu immergevi sempre la tazza nell’acqua fredda ed ecco che in pochi attimi dovevo berlo...e via, in macchina a scuola e ciao papà.

Ieri stavo crepando di sonno, di fame e per di più ero anche a secco, così mi sono dovuto accomodare al tuo fianco. Tu che mi offri tre tipi di formaggio, tu che dopo 32 anni non sai ancora che il formaggio non mi piace, tu che mi chiedi se le gomme della mia macchina sono consumate quando sai benissimo che vorrei una macchina a pedali con le ruote di legno, tu che cambi canale e mi fai guardare “il patriota”...strano gioco del destino...padre e figlio...tu che mi guardi e mi dici “è suo figlio vero?”

Ingoio tutto alla velocità della luce e sparisco.

14 febbraio 2006

SAN VALENTINA

si disquisisce...

ma la festa è per me mesta.
il ritorno sarà di quelli senza una lira nelle tasche. già lo so,

anche questa notte l'ho passata tra i lacrimogeni.
Mi vedo imbarazzante, mi sento ridicolo al suo cospetto.
non ho potere, non ho poteri,

mi lascio calpestare a fatica io, ma dovrò farlo,
dovrò accettare di aver perso mezzo cuore
mezza corpo, una gamba, un braccio, un occhio.
un passeggero, un piatto a tavola, un respiro nel letto,
una monetina dal portafogli per il posteggio,
un abbraccio, un regalo di compleanno,
un sorriso, un solletico, un calcio, un pugno,
un massaggio, una parola, una lettera,
una domanda, una risposta, un pensiero.

ho raccolto i miei libri sparsi sul pavimento
mi sono portato i piselli da "casa" anzi dal supermercato
li ho cotti e me li sono mangiati.

mi porto la minestra da casa, poi mi accorgo che non ho più una casa.
non ho più una cucina, non ho più un letto,
ho solo una macchina per spostarmi
il tragitto è la mia casa,
lo spazio è la mia casa,
tra me e lei c'è la mia casa.
lo spazio che ci divide è la mia casa...
ecco che passo i giorni a girare
leggo in macchina
dormo in macchina
mangio in macchina.

infilo la chiave nella porta della mia casa che fu e mi accorgo...
che c'è chi conta i miei due capelli lasciati nel lavandino,
c'è chi schioda le mensole che avevo tenuto in piedi miracolosamente per cinque anni,
c'è chi stacca le foto, c'è chi stacca i miei quadri...
un pezzo alla volta c'è chi perde i miei pezzi.

...e pensare che nel suo giardino dieci anni fa piantai una pianta di rose...
quest'anno come ogni anno il primo fiore sarà per lei.

10 febbraio 2006

morì mio nonno che io stavo giocando con i soldatini sul pavimento, il capitano difendeva il suo reggimento, mentre mia madre piangeva la morte del padre...avevo più o meno dieci anni e la morte del nonno la vissi trasversalmente...nelle lacrime di mia madre capii che la perdita di un padre è come la perdita di un braccio...di una gamba...di una mano.
per me era come la perdita di un reggimento...la mia battaglia era persa, quella sera perdemmo tutti...nonno compreso.

Lo scorso anno ho visto sparire la nonna e pochi mesi fa l’altro nonno...io c’ero, c’ero sempre. Li ho visti sparire, li ho vegliati, ho tenuto le loro mani calde... nello stesso campo di battaglia mi ritrovo sempre a contare i superstiti, vivo tutto come allora, mentre i miei soldati lottano in prima fila io sto seduto a pensare a quanto sia pesante la perdita di un reggimento di affetti.

Il mese scorso un mio caro amico ha perso il fratello, il mio allenatore ha perso lo zio e oggi un altro mio caro amico ha perso il padre.

I reggimenti se ne vanno...cadono sotto il fuoco nemico...il pavimento si fa ghiacciato, soprattutto d’inverno e allora mi alzo e scrivo.

scrivo una lettera
chiedo rinforzi.
chiedo aiuto.

qui stiamo cadendo ad uno ad uno.

non riesco a togliermi dalla testa il pensiero d’aver perso i miei uomini.

Guardo mia madre che è rimasta senza genitori, senza braccia, senza gambe eppure cammina eppure mi abbraccia ancora.
Guardo mio padre che ha perso un braccio eppur continua a vivere.
Guardo il mio esercito senza braccia e senza gambe eppur continua a lottare.

Penso a voi
mutilati negli affetti
eppur vivi

08 febbraio 2006

BIANCOANGELO

è un campo fiorito, un sorriso incrinato questa vita.
è tutto così maledettamente complicato che quando si realizza un desiderio all’improvviso tutto mi sembra semplice e scontato. tocco gli estremi.

è semplicemente complicato stare al mondo
portare a spasso ste due gambe storte che mi ritrovo,
mangiare un triangolo di pizza la sera alle otto in un tavolino di un bar in un centro commerciale. Tocco gli estremi, io che odio i centri commerciali, mi siedo e mangio leggendo il giornale...e incredibile...tolgo anche la sciarpa.
io che odio i triangolini di pizza rimango sempre ipnotizzato da chi li mangia....

tocco gli estremi e mi complico la vita semplificandomi il futuro.

realizzo desideri inespressi
desideri che nemmeno sapevo di tenere tra le tasche...così cammino tra i carrelli raccogliendo biglietti della spesa, mi compro una maglietta bianca e penso che era forse 15 anni che non mi prendevo una maglietta immacolata.

manco la provo
mi basta pesarla...

si. è mia.
si. è la mia.

Sono un angelo..
l'ho sempre detto io

06 febbraio 2006

the door in the floor

si spengono le luci.
mi basta sentire un respiro sul collo,
mi basta vedere una ventina di teste davanti.

Mangio in penultima file, mangio con un respiro sul collo e una pelata in fronte. Quello è il mio ristorante, da quando non riesco più a sedermi a tavola, da quando faccio colazione in piedi con la giacca la sciarpa e i guanti.

Sposto la tenda e ci si scambia le poltrone...io sono quello delle seconde visioni, quello che mangia, quello che se si addormenta lasciando cadere la testa all'indietro si tocca la fronte con il palmo della mano fingendo di essersi dimenticato qualcosa. Io sono quello che ascolta i commenti della prima visione e ieri...ho sentito questo. "CHE DELUSIONE" . Stavo entrando, quello era il mio benvenuto. Non sapevo nulla del film come spesso mi accade. Mi siedo, aspetto e come sempre conto le teste. siamo 21...13 sono donne...4 sono alle mie spalle, 75 anni l'una. Scendo nella mia poltrona fino a sparire...il loro respiro sul collo, più vicino. In ultima fila sta lui. sempre lui, solo, solo come me....adesso si toglie la giacca lo so...e infatti, adesso appoggia il gomito destro sul bracciolo della poltrona, adagia la guancia sul palmo della mano e dorme...dorme e russa. Lo so, fa sempre così...la sua sportina di plastica tra le gambe e i suoi capelli tinti di rosso. Dorme e a fine primo tempo cambia posto, scende di quattro/cinque file. sempre così, la domenica è nostra...io mangio e lui dorme...io dormo e lui russa.

Il film non è affatto una delusione.

non lo è mai,
se 4 vecchie ti respirano sul collo
commentando il nudo di una donna dicendo
"il mio seno è molto meglio",

non lo è mai,
se quello davanti a me
ha un tic che gli fa alzare il sopracciglio destro
alternato a quello sinistro,

non lo è mai,
se rido piangendo
o se piango ridendo.

01 febbraio 2006

Il gesso, il pallone e il messaggio

Siccome il gesso e la lavagna valgono più della palla, il calcio porta sempre più alla ribalta i lottatori dotati di senso tattico rispetto a quelli capaci con un colpo d'immaginazione di alterare la partita prevista a tavolino. Anche nel calcio la fantasia si ostina a sfidare tutto ciò che è prevedibile. Uomini di grande ardore che si battono, corrono simmetricamente e giocano a non sbagliare, o calciatori dall'aria malinconica che appaiono di colpo per alterare l'ordine prestabilito e decidere la partita con una prodezza che vale un gol, mentre qualche profeta della banalità li denigra dicendo: "questo lo può fare chiunque" ed esaltando il calcio come sport "per gente con gli attributi". Che croce!
Uno crede che il calcio sia un'altra cosa e loro ridono. Uno crede che esista la bellezza e loro ridono. Uno crede che sia efficace mettere da parte il gesso e prendere il pallone per tenerlo e trovare il coraggio di compiere gesta importanti, liberarsi dalle paure e fare emergere forza dal piacere, e loro continuano a ridere. Ma che importa... Sappiamo che la società sta diventando grigia e un po' rozza, stato ideale per ricevere e assorbire i messaggi primari di quegli individui vincenti ma insensibili che a forza di tenere i piedi sempre piantati per terra non toccheranno mai il cielo con un dito. Nemmeno vincendo. Quel messaggio che si definisce "pragmatico" è la strada più breve verso l'individualismo, l'assenza di solidarietà, gli ansiolitici. Ma, soprattutto, è falso. Esistere è assai più importante che vincere una partita di calcio. Il gioco serve a sentirsi almeno un po' felici, per evadere dalle questioni serie, per fare amicizia; quel fondo di fascismo che si annida dietro la "filosofia del risultato" è tipico di gente che divide il mondo in dominatori e dominati, in ricchi e poveri, in bianchi e neri, in vincitori e vinti. Mi ripugna un simile messaggio e per contrastarlo mi sforzo di lottare. Anche quando alla mia squadra va tutto male e mi tocca perdere.

Jorge Valdano
El miedo escénico y otras hierbas
(Il sogno di Futbolandia)